(1957-2022)

Dalla federazione giovanile socialista al Consiglio di Stato. Un ritratto di Franco Frattini

Sergio Soave

Scomparso due giorni fa, l'ex ministro degli Esteri non è stato un tecnico, ma un politico con una passione autentica che aveva come tratto principale della sua personalità la serietà

Franco Frattini, scomparso nei giorni scorsi, è stato un uomo politico anomalo, che non ha mai puntato sull’affermazione personale preferendo dedicarsi con competenza e senza esibizionismi agli incarichi, anche assai rilevanti, che gli erano stati affidati. Sarebbe un errore considerarlo un “tecnico” prestato alla politica: per la politica aveva una passione autentica, fin da quando era stato segretario della federazione giovanile socialista. Aderendo poi a Forza Italia, dopo la distruzione per via giudiziaria del Psi, ha fatto una scelta di campo pienamente politica. La sua capacità di lavoro era straordinaria, apprezzata anche dagli avversari, il che gli ha consentito di affrontare problemi di varia natura, dalla politica estera a quella sportiva, dalla gestione delle iniziative europee come vicepresidente della Commissione Ue alla giustizia amministrativa, come presidente del Consiglio di Stato.


Il tratto principale della sua personalità era la serietà, uno stile di lavoro basato sempre sul merito delle questioni, anche quelle più delicate e complesse, il che gli ha sempre permesso di mantenere un dialogo anche con gli avversari, ai quali chiedeva e offriva un confronto mai pregiudiziale. Anche nella politica estera, alla quale ha dedicato le sue attività più rilevanti, ha sempre cercato di evitare e prevenire le tensioni, pur nella più convinta valorizzazione dell’Alleanza atlantica e dell’Unione europea. Per questo qualcuno ha voluto dare interpretazioni maliziose dei suoi rapporti con la Russia, che ovviamente erano precedenti all’aggressione all’Ucraina. In realtà anche in questo campo delicatissimo ha applicato il suo metodo, consistente nella ricerca di soluzioni parziali quando possibile, senza però mai mettere minimamente in discussione la piena adesione al campo occidentale. Un aspetto rilevante della sua azione internazionale è stata l’attenzione alla gestione delle crisi successive agli episodi bellici, di cui è esempio la missione italiana in Iraq dopo la guerra, perché, come spiegava spesso, vincere la pace è spesso più importante e difficile che vincere la guerra.
E’ davvero un peccato che la prematura scomparsa abbia interrotto il suo ultimo lavoro, la guida del Consiglio di Stato, un incarico che gli era stato affidato da Mario Draghi. Trovare un equilibrio che consenta alla giustizia amministrativa di vigilare sulle inadempienze e le illegalità senza paralizzare le decisioni amministrative era e resta un problema grave delle nostre istituzioni e l’esperienza e la competenza di Frattini avrebbero potuto dare un contributo rilevante a risolverle. 


La lezione che lascia è quella della necessità di affrontare tutte le questioni, anche le più complesse e le più controverse, con uno spirito costruttivo, con la ricerca di soluzioni e non di affermazioni, con un confronto aperto con tutti alla ricerca di punti di equilibrio destinati a durare perché basati sul merito dei problemi e non solo sui mutevoli rapporti di forza politici. Una lezione particolarmente utile, anche se difficile da seguire, in una fase in cui si addensano le situazioni critiche.    

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