Il presidente iraniano Rouhani in visita a Vienna nel 2018 (foto di Sean Gallup/Getty Images) 

Da Teheran a Kyiv. La verità, vi prego, sul neoliberismo

Claudio Cerasa

Gli stati che considerano il mercato un’opportunità hanno a cuore la difesa della libertà. Gli stati che non hanno a cuore la difesa della libertà sono stati che di solito trasformano i mercati in nemici del popolo. Iran e Ucraina, vedere per credere

Gli amici del Mulino, qualche giorno fa, hanno dedicato un interessante approfondimento al tema delle proteste iraniane, suggerendo una chiave di lettura insieme suggestiva e spericolata. In quattro parole: è colpa del neoliberismo. Titolo dell’articolo: “Precari e divisi da anni di politiche di stampo neoliberista e repressione, i lavoratori iraniani hanno iniziato alcuni scioperi locali in solidarietà con le proteste”. Su questo giornale, sabato scorso, abbiamo fatto notare ai validissimi studiosi del Mulino che di fronte alla poderosa battaglia dei manifestanti iraniani contro un regime sanguinario chiamare le cose con il loro nome può aiutare a fare chiarezza e nel caso specifico chiamare le cose con il loro nome significa processare non il liberismo immaginario, l’Iran è un paese dove circa l’80 per cento dell’economia è controllata dallo stato, ma l’islamismo integralista.

 

L’occasione, però, è utile per provare a ragionare ancora una volta attorno a una fissazione ricorrente nel dibattito pubblico italiano che riguarda il tentativo di etichettare ogni fenomeno distante dal proprio credo politico sotto la minacciosa voce del neoliberismo. E’ vittima del neoliberismo l’Iran, dunque. Così come è vittima del neoliberismo lo statuto del Pd. Così come è ostaggio del neoliberismo l’Europa, secondo la visione della destra. E così come è ostaggio del neoliberismo la destra nazionalista, secondo la visione della sinistra. Così come neoliberista, secondo un intellettuale di sinistra caro al Mulino come Emanuele Felice, era la stessa Russia di Putin.  

 

Il neoliberismo, inteso come sistema dove le tutele statali soccombono sotto le spinte del mercatismo sfrenato, è dunque usato molto spesso come un’etichetta vuota anche per concetti in evidente contraddizione l’uno con l’altro. E a maggior ragione, oggi, evocare la minaccia neoliberista, in una stagione come quella attuale durante la quale lo stato per contrastare pandemia e crisi energetica ha comprensibilmente dilatato a dismisura la sua presenza nell’economia, fa sorridere. Ma la verità è che nel dibattito sulla presunta minaccia neoliberista manca spesso un elemento di realtà.

 

E se ci si riflette un istante, si noterà che le libertà sono deficitarie laddove la presenza dello stato tende a soffocare anche la libertà del mercato. Un regime che punta a controllare in toto la vita economica di un paese tenderà a controllare anche la vita civile e sociale dei suoi cittadini, come fanno di solito tutti i regimi totalitari, compresi quelli che quando sono alla canna del gas cercano di aprirsi al mercato (come fu il Cile di Pinochet). Viceversa, un paese all’interno del quale lo stato tende ad affidarsi il più possibile alle logiche di mercato, anche a costo di trasformare in alcuni casi il mercato in una spietata sentinella della democrazia, è un paese all’interno del quale le speranze che siano difesi i princìpi non negoziabili delle democrazie liberali, le speranze che l’innovazione possa produrre benessere, sono maggiori. Gli stati che considerano il mercato un’opportunità hanno a cuore la difesa della libertà. Gli stati che non hanno a cuore la difesa della libertà sono stati che di solito trasformano i mercati in nemici del popolo. Vedere per credere nella guerra in Ucraina chi sta con la Russia e chi difende l’Ucraina. E’ l’antiliberalismo, bellezza, e tu non puoi farci niente.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.