Salvini scalpita, ma Meloni teme lo smottamento al sud e lo avverte: "Di autonomia ne riparliamo nel 2023"

Valerio Valentini

La riunione di Calderoli finisce in nulla. "Mica potevamo dichiarare l'indipendenza della Serenissima", sorride Marsilio. Dimostrazione di come, non solo al mezzogiorno, siano i governatori di centrodestra a frenare sulla riforma cara al Carroccio. La questione meridionale attraversa il governo: il caso del Reddito di cittadinanza e le tensioni con la ministra Calderone

Siccome ormai è lui il suo confidente prediletto, è stato a Giancarlo Giorgetti che Giorgia Meloni ha chiesto un chiarimento. Perché sì, certo, Roberto Calderoli continua a ripetere che il suo è il passo felpato di chi va con calma, ma con una vecchia volpe come il ministro per gli Affari regionali non si può mai dire. Per cui, insomma, alla premier è parso opportuno chiedere una rassicurazione: “A che gioco giocate, sull’autonomia?”, è stato il senso della domanda posta al ministro dell’Economia. E certo l’una e l’altro avevano, col rebus della legge di Bilancio da definire, talmente tante rogne da gestire, che hanno convenuto entrambi che “è meglio riparlarne nel 2023”. So che, se per Giorgetti quello sarà “l’orizzonte” della riforma, per la Meloni la conferma del rinvio significa semplicemente che “ne riparleremo”, nulla più che questo.

E del resto, “cosa dovremmo ‘fare’, se non riprometterci di studiare e approfondire, in una materia tanto diversa?”, si chiede Marsco Marsilio, presidente meloniano dell’Abruzzo. “Dovremmo dichiarare l’indipendenza della Serenissima Repubblica di Venezia? Mandare i carri armati a Napoli?”. La liquida insomma con una punta di ironia, Marsilio detto “il Lungo”, uno che con la Meloni ha condiviso decenni di militanza, quel certo senso di inevitabile inconcludenza che da sempre s’accompagna al grande tema dell’autonomia. E così, a chi gli ha chiesto come sia andata la riunione convocata da Calderoli giovedì scorso, il presidente abruzzese ha risposto che “è andata come sono andate un’altra dozzina di precedenti riunioni con precedenti ministri”. Nulla di fatto, o giù di lì. E del resto Francesco Acquaroli, l’altro governatore patriota, s’era informato preventivamente, coi colleghi: e quando ha saputo che quella Conferenza straordinaria stato-regioni voluta dal ministro leghista era poco più di una trovata per strappare un titoli sui giornali, ha declinato l’invito: “Non potrò esserci, mi spiace”.

Il punto è che, oltre  alle dinamiche politiche, contano quelle territoriali. Per cui, se per Matteo Salvini “dare un segnale sull’autonomia al nostro popolo del nord è importante”, come spiegava giorni fa Gianmarco Centinaio, e importantissimo diventa in vista delle elezioni in Lombardia, per Meloni il rischio di uno smottamento al sud sarebbe altrettanto concreto – o, per dirla con le parole di un ministro della Fiamma, “un rischio che non vediamo ragioni di dover correre”. E certo, anche nella sua natìa Bergamo, Calderoli sentirà ancora più forte il fiato sul collo dell’ala autonomista, dopo che il congresso provinciale ha visto il successo di Fabrizio Sala, esponente della corrente sediziosa dei bossiani duri e puri “Comitato Nord”.  E però anche perché il mezzogiorno, sia pure in modo poco virtuoso, impone le sue esigenze. Lo sa bene anche la ministra del Lavoro Marina Calderone, che nonostante le richieste di fermezza arrivategli dalla premier, per interposto Francesco Lollobrigida, perché qui “la questione è politica”, s’è vista costretta a far notare che a dirsi contrari alla stretta sul Reddito di cittadinanza erano soprattutto le regioni del sud. E siccome lì governa quasi ovunque il centrodestra, anche questa, secondo la ministra, “è una questione politica”. Al punto che, pure sulla ormai famigerata richiesta di proroga dei navigator fino a fine anno, a dispetto delle rettifiche e delle smentite arrivate dal ministero, tra i più intransigenti assessori al Lavoro nel pretendere il prolungamento dei contratti c’è proprio quell’Alessandro Golella di FdI, con tanto di nota protocollata (n. 136651/15BA) inviata a Roma.

Si spiega anche così, allora, anche la serenità con cui il senatore Fausto Orsomarso, meloniano cosentino, ai colleghi di partito spiega, sorridendo, “che giù da noi, in Calabria, anche i leghisti sono contro l’autonomia”. E se a questo si aggiungono le diffuse resistenze che da sempre caratterizzano le posizioni di Forza Italia sul tema, si capisce che è ben misero, al momento, lo spazio di manovra che Calderoli – e con lui il friulano Massimiliano Fedriga, che lo aiuta come “fluidificatore” nella Conferenza stato regioni di cui è presidente – ha sulla riforma più identitaria del Carroccio. E il fatto che, nell’agenda del ministro, al momento non figuri alcuna nuova data di convocazione dei governatori, dimostra che tutto resta fermo. “Se ne riparla nel 2023”, appunto.
   

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.