Roberto Calderoli (Ansa)

Il caso

L'autonomia differenziata divide le regioni (e non solo)

Ruggiero Montenegro

Oggi la Conferenza delle regioni con il ministro Roberto Calderoli che presenta la sua proposta. De Luca annuncia battaglia, mentre i territori si spaccano e nasce un fronte del Sud, dal Pd e Forza Italia. Ma ci sono divergenze anche negli stessi partiti e pure nella maggioranza non tutti la pensano allo stesso modo

La proposta - dice Roberto Calderoli - "non è stata ancora presentata", eppure le regioni sono già spaccate. Ma più che una questione di partito è una questione di geografia. L'autonomia differenziata non piace per niente a molti dei governatori del sud. Se ne discute oggi nel corso della Conferenza delle regioni, in presenza del ministro per gli Affari regionali che illustrerà la sua bozza di disegno di legge, la stessa che è arrivata ai presidenti di regione negli scorsi giorni per una valutazione preliminare. A guidare i dissidenti è Vincenzo De Luca, che promette battaglia: "Sicuramente c'è l’idea di fare un fronte. Abbiamo un’intesa raggiunta con la Puglia, la Basilicata, la Calabria, il Lazio, il Molise, ma credo che ci sia un dibattito aperto anche nel centro e nel nord del paese", dice il presidente della Campania annunciando la richiesta di revoca del disegno di legge.

Che tuttavia, "non essendo mai stata presentato da nessuna parte non si vede come possa essere ritirato", fa notare il leghista Calderoli, specificando che si tratta solo di una bozza, "aperta a ogni tipo di contributo, ma a condizione che ci sia una leale collaborazione reciproca da una parte e dall’altra, affinché la versione definitiva possa essere scritta con tutte le regioni". Difficile che De Luca – e gli altri presidenti critici – si accontentino di queste rassicurazioni e che si registrino già oggi passi in avanti significativi.

 

Nel merito, il principale oggetto del contendere riguarda il come verranno trasferite le funzioni, e dunque le risorse economiche. Nell'idea di Calderoli il trasferimento avverrà individuando i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), ovvero quei servizi che lo stato deve garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. In questo modo si tutelerebbero i territori più svantaggiati. Ma se quei livelli non dovessero essere raggiunti entro 12 mesi, allora il criterio diventerebbe quello della spesa storica sostenuta da Roma, rispetto alla funzione devoluta. In questa seconda ipotesi, è la lettura dei presidenti che si oppongono, il gap tra nord e sud non potrebbe che aumentare. Per questo sono pronti a rivolgersi anche alla premier Giorgia Meloni.

 

La partita però non riguarda solo i territori ma è anche politica, e interessa la maggioranza di governo e pure gli stessi singoli partiti. A cominciare proprio dal Pd: "La bozza di Calderoli non rispetta la Costituzione", ha detto il responsabile Enti locali Francesco Boccia. E così per uno Stefano Bonaccini da sempre favorevole alla riforma – pur precisando: "La nostra proposta è diversa da quella della Lega" – c'è il presidente della Toscana Eugenio Giani che per esempio fa sapere che in materia di beni culturali la questione andrebbe valutata bene. Nessun pregiudizio insomma, pur non arrivando alle richieste di Luca Zaia che vorrebbe per sé tutte le 23 comptenze trasferibili. Il Veneto è da sempre in prima fila in questa battaglia, tanto che già prima della elezioni i parlamentari del territorio erano arrivati a minacciare addirittura di ritirare il sostegno a questa maggioranza. Non a caso Matteo Salvini ha spinto molto affinchè agli Affari regionali ci fosse un uomo del Carroccio.

   

Più fredda è invece la posizione di Fratelli d'Italia che ritiene essenziali i Lep ed è pronta a opporsi alla riforma se dovesse esserci il rischio di un'Italia a due velocità. Chiedono anche, come ha detto Fabio Rampelli, che si "proceda prima a una riforma costituzionale di segno semipresidenziale per rafforzare i poteri dello stato centrale”. Sfumature, differenze di vedute o di tempistiche che potrebbero incidere anche su una maggioranza che negli ultimi giorni ha già dovuto fare i conti con le fughe in avanti di Salvini. E d'altronde, anche dalle parti di Forza Italia l'autonomia non è considerata oggi la priorità. I governatori di Molise, Calabria e Basilicata temono gli effetti di una eventuale riforma, non si oppongono a prescindere ma chiedono garanzie. E dunque, almeno in questa fase, fanno asse con De Luca. Mentre, sempre in orbita maggioranza di governo, il presidente Giovanni Toti dice che la Liguria è interessata a "logistica, portualità, rete dei trasporti". Ma soprattutto, in risposta al governatore campano, parla " di una gigantesca opportunità per le regioni che sono indietro", in particolare a livello di autonomia fiscale.


L'obiettivo di Calderoli è quello di approvare "la bozza in consiglio dei ministri entro Natale e nel via libera ai decreti attuativi", ha detto più volte in queste settimane. “Il primo deciso passo verso l’autonomia va segnato entro il 2023”, ha poi rimarcato ieri il ministro. Le incognite però restano tante, se ne capirà qualcosa in più al termine della Conferenza delle regioni. Forse.