virata a sinistra
Tra Lazio e Lombardia. La candidatura di Majorino al Pirellone rivela tutta l'incertezza del Pd
Sarà sostenuto da Più Europa, civici, Verdi e Sinistra italiana. "Possiamo battere Fontana", dice l'europarlamentare che piace anche ai 5s: "Con lui si può parlare". Nel Lazio dove invece governava l'alleanza rossogialla di Zingaretti, i dem hanno scelto il Terzo polo. Ma Calenda non si fida e avverte: "Ora niente casini"
Lui si dice "emozionato e onorato". È l'indicazione che arriva dal territorio, l'ha scelto il Pd lombardo: Pierfrancesco Majorino sarà il candidato del centrosinistra nella corsa al Pirellone, contro Attilio Fontana e Letizia Moratti. Si è temuto che anche ieri l'ennesima riunione alla ricerca del nome giusto finisse con una fumata nera. Poi la svolta, la virata a sinistra sull'europarlamentare, già assessore a Milano con Giuliano Pisapia e Beppe Sala occupandosi di accoglienza e migranti, prima di volare a Bruxelles. Fa politica dai tempi della scuola ed ha attraversato le varie sigle del centrosinistra. Profilo identitario e schierato.
"Possiamo battere la destra di Attilio Fontana", ha detto ieri Majorino, accentando la candidatura. Da oggi sarà a lavoro "per costruire, secondo modalità condivise, la proposta più forte possibile per cambiare pagina in Regione". Oltre al Partito democratico, sarà sostenuto da +Europa, Verdi, Sinistra italiana e civici. Ma è una scelta che in qualche modo lascia aperta la porta anche al Movimento 5 stelle. "Conosciamo la sua storia: si batte da sempre per le politiche sociali", ha detto qualche giorno fa al Foglio Dario Violi, coordinatore lombardo dei grillini e consigliere regionale. E ha aggiunto: "Con Majorino possiamo parlare, con Maran no”. Maran, l'altro Pierfrancesco, si era fatto avanti, candidandosi e chiedendo le primarie di coalizione: sperava che la riunione di ieri approvasse la sua proposta. Non è andata come sperava: "Quando vietano di giocare la partita, vincere è impossibile", ha detto oggi, parlando di "grave errore" e di "logiche correntizie" e garantendo comunque il sostegno a Majorino. Ma intanto qualcuno tra i dem, in Lombardia e pure a Roma, vorrebbe ancora provare a fare un tentativo per allargare ancora la coalizione.
Di sicuro è quello che chiede Sinistra Italiana: "Soddisfazione per la scelta di Pierfrancesco Majorino, siamo sicuri che la sua candidatura possa aprire anche il dialogo verso le altre forze politiche come il M5s", dice Paolo Matteucci, segretario regionale del partito. Ma in questo caso, è la risposta che arriva dagli altri alleati, non ci sarebbe Più Europa: "Con il centrosinistra solo se non ci sono i 5 Stelle", ha precisato Benedetto Della Vedova, che non ha mai fatto mistero di considerare Carlo Cottarelli il nome più adatto e, insomma, avrebbe preferito una scelta meno connotato a sinistra.
Quella di Majorino tuttavia, sebbene arrivata dopo una lunga fase di stallo, ha il merito di essere una candidatura chiaramente alternativa alle altre due in campo, e consente al Pd di ritrovare a livello locale un profilo riconoscibile. Ma è anche una decisione che rivela, soprattutto in relazione a quanto accade nel Lazio, la confusione del partito. Fino all'ultimo Carlo Calenda - e molti tra gli stessi democratici - hanno provato a cercare una convergenza su Moratti con il Terzo Polo, che in Lombardia ha superato il 10 per cento alle scorse elezioni politiche e che avrebbe avuto secondo i sondaggi buone possibilità di successo. E La stessa Moratti ha rivelato di aver avuto contatti ai piani alti con il Nazareno. Con Majorino la strada sarà un'altra e più difficile, anche tenendo eventualmente la porta aperta ai grillini.
Nel Lazio invece, il Pd sembra aver scelto l'alleanza con il Terzo Polo sul profilo di Alessio D'Amato, chiudendo così definitivamente all'esperienza rossogialla dell'amministrazione Zingaretti. Insormontabile l'ostacolo rappresentato dal termovalorizzatore di Roma, come ha ribadito ieri sera Giuseppe Conte, nonostante al Nazareno qualcuno stia provando un un ultimo tentativo di riconciliazione. Paradossi e incongruenze dem, che rischiano di lasciare campo aperto al centrodestra anche nelle prossime contese locali. Come avverte Calenda, che evidemente non si fida: "Evitate ora di incasinare anche il Lazio continuando a supplicare i 5S. Almeno una proviamo a vincerla".
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