Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

All'ombra del Nazareno

Il congresso Pd degli “altri”: da Paola De Micheli a Matteo Ricci

Marianna Rizzini

Il Partito democratico deve sbrigarsi e correre verso le primarie: in attesa che i candidati principali sciolgano le riserve (vedi Stefano Bonaccini), quelli meno in vista girano l'Italia in cerca di consensi

Il congresso Pd si staglia all’orizzonte, denso di incognite. Eppure è già qui, nelle mosse d’anticipo, coperte e scoperte. Non solo dei futuri candidati da cui si attende un pronunciamento ufficiale di discesa in campo (vedi Stefano Bonaccini o il possibile ticket Dario Nardella-Elly Schlein o il possibile “terzo uomo” dell’area Andrea Orlando-Goffredo Bettini). Ma anche in quelle di chi si è già messo in qualche modo in moto, vuoi perché lo ha detto apertamente vuoi perché lo dicono gli altri. E dunque sono giorni che, metaforicamente, bussa alle porte del Nazareno (che non ha molto rilanciato, per la verità) l’ex ministro dei Trasporti Paola De Micheli, la donna che fin da settembre si è detta disponibile a combattere in nome “degli iscritti così spesso umiliati”, iscritti che “devono contare di più”, come ha detto De Micheli bocciando, a fine ottobre, le proposte operative di Enrico Letta sul congresso, lei che era stata in origine lettiana, per poi farsi più zingarettiana anche se pur sempre con molte evidenti sfumature di accordo con il segretario uscente.

 

“Ci vuole meno ipocrisia”, è lo slogan dell’ex ministra, colei che dal giorno successivo alla sconfitta si sente “l’anti-Meloni”: “Lei sarà la prima donna premier e io la prima segretaria del Pd”, diceva nei primi giorni di campagna pre-congressuale solitaria, cioè con soltanto lei come candidata dichiarata: “Guiderò l’opposizione e torneremo a vincere”, era il wishful thinking. “Mi preoccupa molto il modello dei governi ungherese e polacco, che comprime le diversità in favore di una semplificazione deteriore”, diceva al Corriere della Sera. E oggi, dopo un mese, De Micheli setaccia i circoli, orecchie tese all’ascolto, come due giorni fa a Milano e tre giorni fa a Bologna, e ancora prima a Teramo “per discutere di futuro e di sviluppo”. E insomma gira, va, vede, gente, l’ex ministro, come pure fa il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, l’uomo che sempre compare nelle minuscole foto che sui giornali immortalano la sequela di nomi papabili per la segreteria del Pd.

 

Un Pd mai così triste (ieri un sondaggio Swg lo dava addirittura sotto ai Cinque stelle). Ricci era già stato considerato in campo durante l’estate dello scontento post draghiano, quando si era posto al vertice di fatto di quel “partito dei sindaci” di cui si parla da nord a sud con speranza crescente, come fosse animato da papi stranieri spendibili nell’ora più buia. E Ricci aveva anche detto che loro, i sindaci, sono la vera “sinistra popolare”, anche se si è sempre mantenuto al di sotto della soglia dell’ufficialità (“Il congresso Pd non sia una resa dei conti”, diceva dopo la sconfitta elettorale nazionale, “tanti amministratori mi dicono che è l’ora della provincia italiana, quella provincia nella quale pur roppo negli ultimi anni abbiamo perso, ed è l’ora di chi sul suo territorio è riuscito a costruire il campo largo”).

 

E ora che il campo largo scricchiola da tutte le parti, Ricci non si ferma: da settimane gira l’Italia e va a cena dalle famiglie italiane. Nome del tour “Pane & Politica”, in diretta sulla sua pagina Facebook. Obiettivo: “Sentire i cittadini e trovare le soluzioni”. Varie le tappe già fatte, da Matera al Veneto, e molte altre da fare, tra cui quella di stasera in Sicilia, a Trapani. “No a un cambiamento gattopardesco, non basta eleggere un nuovo segretario”, dice invece Brando Benifei, eurodeputato dem sceso in campo a metà, intanto con l’assemblea di “Coraggio Pd” (il coraggio degli under 40, ha detto), un paio di settimane fa, e poi con l’intenzione di “contare al congresso”, forse portando voti al carro di Elly Schlein, a giudicare dalle parole (tipo: “Ma che ci fa nel Pd chi vuole candidare Moratti?”). Si attende intanto l’assemblea di sabato (e, forse prima, l’ufficializzazione della corsa di Bonaccini).

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.