(foto Ansa)

le tensioni tra i dem

Letta oggi parla in direzione. Mentre nel Pd scoppia il caso donne

Luca Roberto

Il segretario punta a celebrare il congresso entro marzo, una specie di compromesso tra le correnti. Orfini: "Non ha più senso fare melina". Nelle chat parte la rivolta delle escluse sulla questione parità di genere. D'Elia sotto accusa

Tutti si aspettano qualcosa da Enrico Letta. L’importante è che le sue parole non suonino troppo di circostanza. Il segretario del Pd, che ha convocato per oggi alle 10 la prima direzione nazionale dopo la sconfitta alle elezioni, dovrà indicare una strada. Rispondere alle critiche, approfondire l’analisi della disfatta. Ma non solo. Soprattutto, dovrà regnare pro tempore sulle macerie di correnti che sono già sul piede di guerra, e a proposito del futuro del partito hanno idee contrastanti. In primis, sulle tempistiche per allestire il nuovo congresso. “Io credo – dice Matteo Orfini al Foglio – che le parole del segretario saranno lineari rispetto a quanto ha già anticipato. Fare melina adesso sarebbe incomprensibile. Così come nascondere sotto al tappeto i problemi che sono oramai evidenti a tutti”. E così i punti del suo intervento ricalcheranno con più dettaglio quanto ha già scritto nella lettera inviata agli iscritti la scorsa settimana.

Quello che si apre oggi, in un appuntamento che ritorna in diretta streaming, condurrà il Pd a un congresso che non ha nulla di ordinario. Dovrà essere, e Letta lo ribadirà, un’occasione costituente. Un modo per ripensare se stessi, dopo il fallimento della proposta “anima e cacciavite”. Verranno passate in rassegna non solo le ragioni che secondo il leader dem “ci hanno fatto perdere le elezioni”. Ma anche la postura da assumere a proposito di quel che sta succedendo a livello nazionale e internazionale. O la credibilità nel recitare un ruolo che negli ultimi dieci anni solo per brevi periodi il Pd s’è ritrovato a interpretare: l’opposizione. 

Insomma, non deve essere un modo per parlare solo a noi stessi. Piuttosto, una grande occasione per sciogliere non il Pd ma il correntismo, che in questi anni ha finito per ingessarci”, ragiona il tesoriere e senatore del Pd Walter Verini. Ma anche solo sul calendario dei prossimi mesi, si sono da subito registrate un bel po’ di frizioni. L’ala più a sinistra, quella interessata a riprendere il dialogo con i Cinque stelle, non ha nessuna fretta di correre. Gioca a rimpiattino con l’orologio. “E infatti nel mio intervento di oggi chiederò proprio che i tempi non siano troppo dilazionati”, confessa al Foglio il senatore Alessandro Alfieri, coordinatore di Base riformista. L’intenzione di Letta, come filtra dal suo entourage, sarebbe quella di chiudere entro febbraio-marzo. Anche perché tra insediamento del Parlamento e del governo, sessione di bilancio e regole dello statuto, sarebbe difficile fare prima. Ma per ogni soluzione trovata per calmierare le diatribe interne, c’è sempre un nuovo fronte che si scopre. Oggi in direzione la presidente delle donne democratiche Cecilia D’Elia presenterà una mozione per chiedere che le donne che occupano posizioni apicali siano riconfermate (le capogruppo Serracchiani e Malpezzi, la vicepresidente del Senato Rossomando). Tanto è bastato a far esplodere le chat degli eletti (e degli esclusi). L’ex deputata Patrizia Prestipino l’ha messa in questi termini: “Trovo imbarazzante questa battaglia di retroguardia. La D’Elia avrebbe fatto meglio, se ci teneva alla rappresentanza di genere, a vigilare sulle presentazione delle liste”. Anche un’altra oramai ex parlamentare come Alessia Morani si è fatta sentire con le colleghe, criticando la mozione. Letta ha già fatto sapere che sul merito si esprimerà nella sua relazione. Ma il vero succo potrebbe emergere nella replica, quando si troverà a rispondere agli interventi delle decine di delegati. 

Un passaggio ci sarà anche sul tema delle alleanze, anche se nelle intenzioni del segretario c’è la reiterazione di un mantra: l’identità è più importante di scegliere con chi correremo tra cinque anni. “Ci aspettiamo che sia l’inizio di un percorso in cui si possa definire una cornice unitaria. E in cui, dopo tanto tempo, finalmente la si smetta di etichettarci come renziani da una parte e antirenziani dall’altra”, spiega ancora Alfieri. Letta è pronto ad ascoltare tutti ma poi dovrà decidere il da farsi. E non è detto che il ruolo di dimissionario lo terrà al riparo dal fuoco amico. 

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