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Sul Congresso Pd si accelera. Schlein raccoglie consensi e per Bonaccini si fa dura

Il presidente dell’Emilia-Romagna è più che pronto a scendere in campo e ha già preparato la campagna per le primarie. Ma la corsa per lui non sarà facile come si profilava all’inizio, perché il grande centro del partito, dai lettiani ai franceschiniani, sta lavorando per l’ascesa alla segreteria della sua ex numero due

La decisione di Enrico Letta di ascoltare le sollecitazioni che gli venivano da più parte e di accelerare i tempi del Congresso ha provocato non pochi malumori. E infatti l’ala sinistra di Goffredo Bettini e Andrea Orlando sta meditando se sia il caso di dare battaglia nell’Assemblea nazionale di sabato prossimo.

Ma intanto la sinistra interna del Pd perde pezzi. Beppe Provenzano, prima fedelissimo dell’ex ministro del Lavoro Orlando, ora gioca in proprio e perora la causa di Elly Schlein. Il vicesegretario dem è stato visto più volte in compagnia della leader di Occupy Pd. Ogni volta che lei va alla buvette di Montecitorio, solerte, Provenzano la accompagna e le tiene lontano i giornalisti che vorrebbero avere le ultime indiscrezioni. E si è progressivamente allontanato da Orlando anche il capogruppo dem al Parlamento europeo, Brando Benifei, che ormai gioca per sé e che non ha ancora deciso se fare convergere la sua corrente su Schlein o tentare l’avventura in proprio.

Ma quella sollecitazione di Enrico Letta  è servita anche a convincere i candidati che finora, tatticamente, attendevano prima di buttarsi in pista. Stefano Bonaccini a dire il vero non vedeva l’ora.  Il presidente della giunta regionale dell’Emilia-Romagna è più che pronto a scendere in campo e il suo staff ha già preparato la campagna elettorale per il congresso e per le primarie. Per rifarsi ulteriormente il look Bonaccini da qualche giorno in qua ha anche cambiato la sua immagine di WhatsApp: una foto di lui da giovane con un sorriso sbarazzino e ancora tutti i capelli in testa.


Ma per Bonaccini la corsa alla segreteria non sarà facile come si profilava all’inizio. Infatti il grande centro del Pd, quell’area che va dai lettiani ai franceschiniani, passando per chi si è staccato dalla sinistra come Provenzano o Nicola Zingaretti (che ormai ha tagliato il cordone ombelicale che lo legava a Bettini) sta preparando l’ascesa di Schlein alla segreteria. Da fuori spinge la ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna anche Romano Prodi, che vedrebbe con piacere una personalità come Schlein succedere a Enrico Letta. L’unica remora del nuovo grande centro del Partito democratico riguarda il fatto che Schlein appare poco governabile. Per questa ragione sia Letta sia Franceschini e Zingaretti la vedrebbero bene affiancata da Nardella. Il sindaco di Firenze, però, che meditava (e medita tuttora) di correre in prima persona per la segreteria non ha ancora sciolto le riserve e non ha detto sì all’offerta della presidenza del Pd che gli è stata fatta. Tra due anni, Nardella arriva a scadenza di mandato e non si potrà più ricandidare. Per lui è già in vista un seggio all’Europarlamento, che però non gli impedirebbe di buttarsi nell’agone della politica nazionale con un ruolo di primo piano nel Partito democratico.

Uno dei motivi che hanno convinto la maggior parte dei dirigenti del Pd a cercare di accelerare i tempi del Congresso è il fatto che nel Lazio si voterà il 5 o il 12 febbraio e sarebbe meglio tenere le assise prima di quella data. Non solo perché il Congresso potrebbe fare da volano alla campagna elettorale dem, ma anche perché si teme che tenere le primarie dopo un’eventuale batosta elettorale equivarrebbe a ritrovarsi con i gazebo vuoti.

E a proposito del Lazio, uno dei più felici della scelta dem di indicare Alessio D’Amato è Roberto Gualtieri, che non a caso era in prima fila alla convention in cui l’assessore alla Sanità del Lazio ha lanciato la sua candidatura alla presidenza della Regione. Il sindaco di Roma, infatti, temeva che un’alleanza con i 5 stelle avrebbe complicato di non poco il suo tentativo di mandare in porto il termovalorizzatore. 

Dal Lazio alla Lombardia: nonostante le pressioni e gli appelli, il Pd resiste a Letizia Moratti. A rendere ferma la posizione dei dirigenti dem contribuisce anche un sondaggio secondo il quale non solo Moratti toglierebbe più voti alla destra che al centrosinistra, ma se il Pd l’appoggiasse perderebbe consensi a favore dei grilllini e dei rossoverdi. In più c’è la convinzione  dem che alla fine Moratti, senza l’appoggio del Partito democratico, farà un passo indietro e non si candiderà.
 

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