il nuovo governo

Nordio, Piantedosi, Schillaci e Calderone: le foglie di fico del governo Meloni

Luciano Capone

Tra pastrocchi sulla norma "anti rave", populismo penale, strizzate d'occhio ai No vax e sbandate sui navigator, i ministri di "alto profilo" hanno dimostrato scarsa autonomia e sottomissione ai partiti

Pasticci, contraddizioni, correzioni, imbarazzi. Probabilmente vedendo la partenza dei ministri tecnici del governo Meloni, qualche esponente indipendente dai partiti che ha declinato l’incarico in posizioni apicali, si pensi ai nomi circolati per il ministero dell’Economia, avrà trovato conferma della bontà della sua scelta. Perché dopo i primi atti del governo le personalità di “alto profilo”, come i ministri Nordio, Piantedosi, Schillaci e Calderone, che avrebbero dovuto colmare il gap di affidabilità e prestigio del governo Meloni, si stanno rivelando una specie di foglia di fico. Tutti già protagonisti di passi falsi o commissariati dai partiti.


Il caso più eclatante è quello del ministro della Giustizia Carlo Nordio, uno dei pochi garantisti italiani e degli ancor più rari magistrati garantisti, che in una manciata di giorni si è trovato a rimangiarsi decenni di sue convinzioni giuridiche e coraggiose prese di posizione. Il giorno del giuramento da Guardasigilli, Nordio espose la sua nota filosofia garantista che consisteva nella velocizzazione della giustizia attraverso “una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati”: bisogna “eliminare questo pregiudizio che la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelati dalla legge penale: questo non è vero”. Al suo esordio, da ministro ha fatto esattamente il contrario introducendo per decreto un nuovo reato, quello di “rave party”, attraverso una norma scritta con i piedi che risponde alla panpenalizzazione e al populismo penale contro cui Nordio si è battuto per una vita.

 

Per giunta, Nordio ha sempre criticato il ricorso abnorme alle intercettazioni, sia per il costo eccessivo (200 milioni di euro all’anno) sia per la limitazione delle garanzie, eppure il decreto “anti rave party” da lui approvato prevede pene così elevate che consentono proprio il ricorso alle intercettazioni. Ci sarebbe poi anche il tema dell’ergastolo ostativo: Nordio lo ha definito “un’eresia contraria alla Costituzione” in un’intervista a Claudio Cerasa nel libro “Le catene della destra”, ma una volta al governo ha approvato un decreto che introduce alcune modifiche per andare incontro alla sentenza della Corte costituzionale che aveva dichiarato incostituzionale l’ergastolo ostativo, ma volto a tenere in piedi quanto più possibile l’attuale regime secondo le volontà di Giorgia Meloni, che però in questo caso coincidono con una visione della giustizia più simile a quella di Roberto Scarpinato del M5s che a quella del suo Guardasigilli. Alcune “fonti” parlano di un Nordio in “imbarazzo” rispetto ai primi passi del governo sulla giustizia, ma i fatti e le dichiarazioni ufficiali mostrano un perfetto allineamento.


Un discorso analogo, seppure diverso riguarda il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Meloni aveva scelto di indicare un prefetto al Viminale, bloccando le aspirazioni dell’altro Matteo, con l’obiettivo di depoliticizzare un ministero così delicato. Dopo il pasticcio del decreto “anti rave party”, una norma populista e scritta così male da necessitare di continue spiegazioni e prossime modifiche perché talmente indefinita da essere al contempo o inutile o pericolosa, la sensazione è che ora i Salvini al governo siano due: uno all’Interno, nella figura del suo ex capo di gabinetto al tempo dei decreti “Sicurezza”, e l’altro alle Infrastrutture.

 

Anche la figura di Orazio Schillaci, ex rettore a Tor Vergata, è al momento completamente evanescente. Il nuovo ministro della Salute, che da medico e professore era favorevole sia all’obbligo vaccinale sia al green pass, ora approva le misure ideologiche del governo che strizzano l’occhio ai No vax senza essere in grado né di dissociarsi né di sostenere fino in fondo le tesi della Meloni (“adesso dobbiamo guardare alla Sanità del Terzo millennio”, ha risposto Schillaci alla domanda del Corriere su quali fossero queste misure “anti-scientifiche” adottate dai governi precedenti).


Ha iniziato con un passo falso anche la “tecnica” indicata come ministro del Lavoro, Marina Calderone. Il 28 ottobre il ministero aveva inviato una circolare alle regioni per avviare la proroga, fino a fine anno, dei contratti dei navigator in scadenza a fine ottobre. Dopo che il Foglio ha riportato la notizia, che ha fatto infuriare Giorgia Meloni, il ministero del Lavoro si è rimangiato la circolare con un comunicato stampa che parla di “mera attività ricognitiva” e nega la proroga dei navigator (creando così problemi con le regioni, soprattutto di centrodestra come la Sicilia, che già avevano annunciato il rinnovo dei contratti).

 

Tutti i tecnici, insomma, sembrano esautorati dal premier e dai partiti. Se questa è la partenza, più che grande autonomia e “alto profilo” si prevede un futuro di obbedienza low profile. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali