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il caso

Meloni, i navigator e la proroga sventata. È caccia alla manina

Valerio Valentini

Fdi comunica che la circolare con cui si sarebbero avviate le procedure per la ricognizione degli addetti a trovare lavoro (in servizio presso le regioni) è stata lasciata, a tradimento, dai vertici dell’Anpal sulla scrivania di Marina Caldeone. Certo per la premier sarebbe stata una beffa

Prima la sorpresa. Poi la rettifica. Nel mezzo, per metterci la pezza, la solita caccia alla “manina”, stavolta evocata perfino con anticipo, essendo alla prima settimana di governo. Insomma in Fratelli d’Italia la spiegano così: “La circolare con cui si avviavano le procedure per una ricognizione dei navigator ancora in servizio presso le regioni è un documento lasciato a tradimento dai vertici dell’Anpal sulla scrivania della nuova ministra. Che appena arrivata s’è ritrovata a confermarlo col suo nulla osta”. Una svista, dunque? Un inciampo? 

 

Di certo c’è che l’incidente è stato grosso, se la stessa Giorgia Meloni se n’è interessata. “Questa cosa non può passare”, ha sentenziato la premier. Ed ecco che allora da Palazzo Chigi è stato chiesto un chiarimento a Marina Calderone, responsabile del Lavoro in quota patrioti. Di lì ne è scaturita la decisione di correggere il tiro con una comunicazione ufficiale del ministero che di fatto sterilizzava la circolare del 28 ottobre scorso. Quella incriminata. A firmarla era stata Anita Pisarro, direttrice generale delle Politiche attive del ministero del Lavoro: “Personale che presta assistenza tecnica presso le sedi territoriali delle Regioni per il funzionamento del Reddito di cittadinanza (ex navigator)”. Un documento di due pagine scarne in cui il ministero annuncia la disponibilità a prorogare fino al 31 dicembre il mandato alle centinaia di navigator – poco meno di mille, quelli superstiti – ancora in servizio presso le regioni ma retribuiti dal ministero stesso, che proprio il 31 ottobre sarebbero decaduti da ogni incarico. E invece ora il ministero chiede alle regioni di comunicare al governo “l’effettiva attuale esigenza di continuare ad avvalersi fino al 31.12.2022 del personale in argomento, con contratto in essere al 31.10.2022”. E l’indirizzo era fin troppo chiaro: valutare il numero reale di navigator di cui le varie regioni volevano ancora avvalersi fino a fine anno, per poter così avviare le pratiche per un nuovo contratto di due mesi. In linea sostanziale con quanto già fatto nel passato recente, quando si è proceduto di proroga in proroga, ogni volta a seguito di ricognizioni analoghe a quella avviata dal ministero pochi giorni fa. E del resto la circolare firmata dalla dottoressa Pisarro si spingeva oltre: fino, cioè, a chiedere alle regioni di indicare la proiezione degli oneri previsti per il mantenimento dei navigator di qui al 31 dicembre. Per predisporre, dunque, i rimborsi conseguenti. 

Perché il punto è proprio questo: che da più di un anno e mezzo, di fatto, i dipendenti arruolati dall’Anpal (l’Agenzia ministeriale per le politiche attive) per aiutare i percettori del Rdc a trovare lavoro, sono diventati essi stessi delle persone a cui lo stato doveva trovare un lavoro. E il governo – quello giallorosso prima, quello Draghi poi – hanno deciso di affidarli alle regioni continuando però a sostenerne i costi di remunerazione. Pagati dal ministero, ma a servizi degli assessorati locali. Alcune regioni li hanno stabilizzati con dei concorsi. Altre, a partire dalla Lombardia e dalla Campania, si sono subito sottratte a questa procedura. Ora ne restano poco meno di mille in un limbo abbastanza paradossale. Che farne? Il Dipartimento delle Politiche attive, che ha in sostanza assorbito le mansioni dell’Anpal, aveva pensato di avviare le procedure per rinnovare le mansioni di quei navigator fino dicembre.

E per questo sollecitava “le regioni eventualmente interessate” a tenere a mente che “si dovrà rendere noto l’effettivo contingente di personale assunto ai fini del potenziamento dei Centri per l’impiego al 31 ottobre 2022, nonché la previsione al 31 dicembre 2022”. Ma certo per la Meloni sarebbe stata una beffa. “Il ministro del Lavoro – diceva la leader di FdI in riferimento ad Andrea Orlando, nel maggio scorso – è impegnato a trovare un impiego a chi era stato assunto per trovare un lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza: (purtroppo) non è una barzelletta, ma l’ennesimo paradosso creato da un governo che ormai passa le giornate tentando di risolvere problemi creati da se stesso”. Che il primo atto del ministro del Lavoro del governo di destra potesse essere una riproposizione dello stesso paradosso, non pareva possibile. Eppure era davvero quella la direzione imboccata, con tanto di atto ufficiale, dal dicastero guidato dalla Calderone. Prima che tutto venisse rivelato – con un articolo pubblicato dal Foglio.it ieri mattina – e che dunque apparisse evidente il rischio di figuraccia. Quindi la retromarcia, quindi la necessità di un comunicato stampa ufficiale che correggesse la rotta. E ora, caccia alla manina.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.