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Letta: "Congresso non sia derby tra Conte e Calenda. Si voti entro marzo"

Il segretario del Pd ha aperto la direzione nazionale: "La sconfitta non è stata una catastrofe, ma dobbiamo essere pronti a vestire i panni dell'opposizione. La guerra ci ha penalizzati ma non mi pento delle scelte fatte. No al cambio del simbolo. Ora ci vuole una classe dirigente giovane"

Luca Roberto

Dice che la sconfitta "non è una catastrofe", perché l'unico partito che ha vinto le elezioni è Fratelli d'Italia. "Ma noi non possiamo permetterci, come fanno gli altri, di far finta di niente. Perché il nostro progetto ha un senso se è grande e vive in una logica di espansione". Enrico Letta tiene la sua relazione, in apertura della direzione nazionale del Pd, e parla per più di un'ora. Elenca le ragioni della sconfitta, introduce le prospettive per arrivare al congresso che, lo sottolinea facendo nomi e cognomi, "non deve essere un derby tra Conte e Calenda". Anche se non si deve arrivare a un "cambio del simbolo, che racconta il nostro servizio all'Italia".

E allora eccolo lì a sostenere che "un campo ha vinto perché è stato unito, l'altro non lo è stato nonostante lo sforzo di mesi, di anni". Questo perché "abbiamo lavorato per costruire il campo largo, ma è stato impossibile. Abbiamo avuto interlocutori che non volevano stare insieme. Il lavoro è stato interrotto con la caduta del governo il 20 luglio, un punto di rottura che è uno dei più difficili ma su cui bisogna essere il più chiari possibile". Non cita il Movimento cinque stelle, ma è chiaro che si rivolga a loro.

Poi allarga l'analisi al contesto internazionale. Secondo Letta dopo la rielezione di Sergio Mattarella il Pd era in una posizione di forza rispetto alla destra. "Ma poi si è sviluppato un cambio di scenario dovuto alla guerra in Ucraina". Anche se, come ci ha tenuto a ribadire il segretario, "non mi pento di nessuna delle scelte fatte, a partire dalla prima manifestazione sotto all'ambasciata russa in Italia il 24 febbraio". La guerra è stata foriera di una "moltiplicazione della paura e dell'instabilità in Europa. E di solito in questi casi vince la destra, com'è successo in Svezia, un paese con tutt'altre tradizioni".

 

Questo per quanto riguarda l'esito elettorale, che secondo il segretario è stato prodotto anche a causa di una legge elettorale "che ci impegniamo a cambiare nel corso della prossima legislatura". Mentre sul versante dei riflessi interni, Letta ha detto che "il mandato elettorale è chiaro: i cittadini ci vogliono all'opposizione. Un'opposizone costruttiva, esigente, ma non coorporativa. Giudicheremo il governo per quello che farà", ma "chi aveva immaginato una infinita luna di miele per la Meloni e la destra non ha colto fino in fondo quello che sta accadendo, il deterioramento del quadro economico e sociale, la recessione che aspetta il Paese, le paure e le preoccupazioni che necessitano tutt'altro che un governo di profonda debolezza politica che sembra fare capolino". In ogni caso, i dem non dovranno questa volta farsi tirare dentro a formule di responsabilità. "Se il governo cade dovremo chiedere elezioni anticipate, altro che disponibilità a governi di salvezza nazionale", ha argomentato l'ex premier.

C'è stato, come era stato anticipato dallo stesso segretario, anche un passaggio sulla questione femminile, dopo che ieri una parte delle donne del Pd aveva reclamato la possibilità che i vertici di Camera e Senato restassero quelli di oggi (Serracchiani e Malpezzi). "Il fallimento della nostra rappresentanza femminile in Parlamento è evidente. Rappresenta il senso di un partito che non ha compiuto un salto necessario. Dobbiamo rendere compiuta la nostra trasformazione, il nostro cambiamento. Non è possibile tornare indietro rispetto all'avere dei capogruppo donne. Dobbiamo essere credibili nelle cose per cui non siamo stati all'altezza". Non ci sarà quindi nessuna sostituzione, mozione accolta.

"Nel marzo 2021 ero tornato con due obiettivi fondamentali. Dare al paese un governo progressista e salvare il Pd da una liquefazione e rilanciarlo. Il primo risultato non è stato raggiunto, sul secondo ci siamo se saremo in grado di andare avanti", ha aggiunto poi Letta parlando dei punti principali e delle tempistiche per arrivare a una nuova segreteria. "I tempi devono essere giusti, ma non si può arrivare alle calende greche. Auspico che il nuovo gruppo dirigente si possa insediare entro marzo". 

Dopo aver indicato i sindaci e gli amministratori tra gli architrave su cui il Pd può costruire il proprio futuro, il segretario ha chiarito che "per me restare anche dopo il congresso sarebbe controproducente. Ho iniziato a fare il ministro nel 1998. Meloni è una giovane donna e questo è stato uno dei motivi del suo successo. Per questo adesso anche noi abbimo bisogno di una classe dirigente giovane".

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