Giorgia Meloni spiegata ai giovani (che si sono astenuti in massa)

Più che una teoria politica, è una filosofia sociale ciò che manca alla destra

Alfonso Berardinelli

Le nuove generazioni non sono in sintonia con la coalizione che ha vinto le elezioni. Ma la sinistra, per loro, esiste ancora? Se sì, non è certo l'ultima, quella di governo, che non è mai riuscita a dar loro lavoro e a trasmettere una reale sicurezza

Cari giovani dai diciotto ai quarant’anni, voi non avete votato. Niente di più comprensibile, niente di più scoraggiante e pericoloso per la politica istituzionale, per i partiti e per lo stato. Ma evidentemente, ai vostri occhi, scoraggianti e incomprensibili sono lo stato, i partiti e la mania di fondarne continuamente di nuovi

   

    

Ma, credo, non avete neppure scelto di non votare. Nella maggior parte dei casi la vostra non è stata una vera scelta “astensionista”. Non c’è stata la volontà politica di esprimere nausea e disgusto nei confronti della politica e di chi la fa. La vostra è stata piuttosto inerzia, pigrizia, alterità impolitica. Mancanza di informazione politica e giustificata incapacità di capire che cosa dicono i politici, soprattutto quelli della sinistra, come lo dicono e perché lo dicono. Il dato certo è invece che di icone pubbliche come Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni un’idea ce l’avete. Di loro si sa molto anche se non si capisce quello che dicono: loro appartengono alla cultura di massa, mentre la sinistra appartiene al “politichese”. I leader della sinistra compaiono e scompaiono, sono effimeri e litigano di continuo senza che sia neppure chiaro perché. All’inizio sembrano una cosa, ma poi ne diventano un’altra. La loro vera identità è inaccessibile. Durano poco.

  

I leader della destra durano di più e c’è la sinistra a parlarne in continuazione. Che cosa vogliono è chiaro. Sono ostili ai migranti e agli extracomunitari, non vogliono farli entrare in Italia né soccorrerli. Sono contro le droghe (anche se ne fanno uso). Sono contro i matrimoni omosessuali. Vogliono la libertà di comprarsi un fucile e non la libertà di morire. Vogliono “prima gli italiani” (quale italiano può obiettare?). Più controlli di polizia (perché no? in questi tempi di violenze). Vogliono tasse uguali per i disagiati e i benestanti. Pensano che l’Europa finge di aiutarci (non lo ha fatto con il problema dei migranti) e invece ci dà ordini e ci deruba, umiliando la nostra “sovranità che appartiene al popolo” (primo articolo della Costituzione). Vogliono che l’interesse nazionale, come in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti, sia un dovere irrinunciabile. La destra è per l’ordine e la sicurezza: un paese (un continente) di anziani vuole ordine e sicurezza. La destra non apprezza le società multietniche e multiculturali, e vede che nella più antica e più grande democrazia occidentale, gli Stati Uniti, il conflitto razziale è stato superato dopo più di cento anni da Abramo Lincoln. Quanto ai diritti civili, per la destra vanno difesi solo quelli degli italiani bianchi eterosessuali.

   

In passato si poteva pensare che se la destra vinceva era soprattutto perché la sinistra non sapeva vincere. Oggi qualcosa è cambiato a favore della destra. Giorgia Meloni ha vinto a nome dell’Italia all’antica, quella del tricolore e delle prime parole dell’inno nazionale. Non è mai stata fanatica delle modernizzazioni tecnologiche e ha evitato di parlarne. Comunque la sinistra Pd-5 stelle non è neppure riuscita a difendere la continuità del governo Draghi, che in questo momento ci serviva eccome. C’era sempre qualcuno che mugugnava contro “l’uomo delle banche”, come se il potere delle banche e del denaro lo avesse inventato Draghi. Così il rancoroso Conte si è voluto vendicare di lui per averlo sostituito in quanto più autorevole capo di governo: ha voluto imitare la Meloni che si rafforzava stando da sola all’opposizione, e le ha regalato le elezioni anticipate che lei voleva.

  

Nel mondo dilatato, frantumato, competitivo e instabile di oggi il patriottismo e il localismo comunque intesi (populismo? sovranismo?) non vanno sottovalutati, tutt’altro. Si vuole essere governati non da istituzioni internazionali, ma dai politici a cui si dà il voto. La Meloni ha puntato su questo.

  
Ma voi giovani cosa volete? Non è facile dirlo né, soprattutto, tradurlo nei termini e nel linguaggio della politica attuale. Salvo qualche minoranza poco raccomandabile, voi giovani non siete in sintonia con la destra che oggi ha vinto. Ma la sinistra per voi esiste ancora? Quale? Forse quella del vecchio e mai invecchiato Partito Radicale. Forse quella dei mistici dello scontro con la polizia. Non certo la sinistra di governo, che non è mai riuscita a darvi lavoro e sicurezza sociale (benché il lavoro sia un diritto costituzionale). 

  

Cari giovani dai diciotto ai quarant’anni, anche mia moglie e io, per non cedere alla tentazione di non votare, ci siamo bevuti un paio di drink e abbiamo votato a sinistra mezzi ubriachi. E’ certo che le campagne elettorali sono il peggio della politica e fanno passare la voglia di dare il voto proprio a coloro che te lo chiedono. Non si tratta di vincere la competizione, si tratta di saper governare dopo aver vinto, e questo è il primo problema politico italiano. Quando il carnevale propagandistico è finito, gli eletti si siedono, si mettono comodi e magari si addormentano.

  
In questo periodo la Meloni è stata, teatralmente parlando, il personaggio più riuscito e riconoscibile.

  

Una graziosa ragazza o quasi ragazzina piena di fuoco, come piace ai nonni. Le facce truci del suo elettorato se le è nascoste dietro le spalle e si dovrà vedere quali attitudini di governo riescano a dimostrare. Ma il visetto pulito di Giorgia è oggi il meno antipatico della destra mondiale. Un leader di destra con un aspetto così rassicurante non si era mai visto. Non fa pensare a nessun ritorno di minacce postfasciste o neofasciste. Temibile però è il fascismo sociale, sociologico, culturale e di mentalità presente nel suo elettorato. Quanto alle sue capacità di governo, non sarà facile per lei scovare individui capaci e affidabili. Oggi molti hanno imparato un po’ di ragioneria, e la finanza è di moda. Ma di cultura sanno qualcosa nei tre partiti di destra? Come farà Giorgia, così affezionata all’orgoglio italiano, che è soprattutto culturale, a far leggere un po’ di libri ai suoi fratelli d’Italia e ai suoi alleati? 

  

Ma cari giovani, usciamo un po’ dalla politica che vi ha spinto a non votare. I cittadini, visti come elettori, fanno solo numero: ogni individuo è un numero nel momento in cui vota. Ma poi non c’è altro? C’è e conta anche di più nella vita e nel clima sociale di tutti i giorni. Se si sottovaluta la politica (come credo che sia giusto) e se non si va a votare, allora però bisogna fare spazio a qualche altra e diversa responsabilità. Le trasformazioni sociali, le abitudini, non dico i valori ma i miti ossessivi diffusi dal mercato e dalle merci culturali (tutte lo sono) contano non meno, anzi di più che non le leggi dello stato. Votanti o non votanti, abbiamo molti altri modi, meno rituali e più quotidiani, per migliorare la nostra vita associata. Aver battezzato “impegno civico” un partitino improvvisato e irrilevante è stato un abuso. L’impegno civico, come quello ecologico e ambientale, non possono essere monopolio di un’organizzazione politica, perché riguardano ogni singolo cittadino e ogni comunità locale al di fuori della politica. Come si diceva una volta, per agire abbiamo bisogno di una filosofia sociale, più che di una teoria politica.