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Ecco i passaggi (e i tempi) per arrivare al congresso del Pd

Ruggiero Montenegro e Luca Roberto

Le tappe, le regole dello statuto e le prassi che porteranno all'elezione del nuovo segretario dopo la sconfitta elettorale del partito guidato da Enrico Letta (che si farà da parte)

Dopo la sconfitta alle elezioni, Enrico Letta ha annunciato che il Partito democratico avrà il suo congresso, che porterà alla nomina di un nuovo segretario (lui ha già anticipato la volontà di volersi fare da parte e di non volersi ricandidare). Ma quali sono i passaggi e le tempistiche perché il processo di selezione arrivi a compimento? Basti dire, anticipando qualche dettaglio, che il passaggio di consegne non è immediato. E che tra la convocazione dell'assemblea nazionale e lo svolgimento delle primarie passeranno alcuni mesi. Insomma la "rifondazione", la parola che più di tutte viene utilizzata - invocata, auspicata -  dagli esponenti dem in queste ore ,non sarà cosa affatto cosa facile né, tantomeno, rapida. 

 

Come si arriverà al nuovo congresso del Pd

È l'articolo 12 dello statuto del Pd a regolare la “Scelta dell’indirizzo politico mediante Congresso ed elezione diretta del Segretario e dell’Assemblea nazionale”. Di norma la procedura dovrebbe svolgersi ogni 4 anni, ed è disciplinata  da “un Regolamento approvato dalla Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti”

Il Congresso si divide in due fasi: la prima dedicata alla discussione politica-programmatica mentre la seconda comprende il voto degli iscritti per le candidature a segretario e per le successive primarie. 

La prima fase del congresso si apre con l'approvazione di un apposito regolamento da parte della Direzione nazionale: entro i dieci giorni successivi è possibile da parte degli iscritti al partito presentare i documenti politici e i contributi tematici, che dovranno in entrambi i casi essere sottoscritti da una parte della direzione o dell'assemblea nazionale o dagli iscritti di varie regioni.

Nei successivi quaranta giorni, spiega ancora lo statuto dem, i documenti presentati “vengono discussi e votati nelle assemblee di circolo”. Entro 15 giorni dalla fine del confronto territoriale l'Assemblea nazionale ratificherà i risultati delle votazioni e assumerà i documenti che hanno raggiunto il minimo dei voti necessari (il (33 per cento dei voti degli iscritti per i documenti politici, il 20 per cento per i contributi tematici)

Su queste basi, sulle indicazioni che derivano dai territori, si apre la discussione per la seconda fase. Entro 20 giorni dalla ratifica dei risultati, “si convocano, in ogni Circolo, le Assemblee degli iscritti, che discutono le piattaforme presentate da ciascun candidato Segretario”

Sia le piattaforme che i candidati vengono rimessi al voto: “Risultano ammessi alle primarie aperte a tutti gli elettori per la scelta del Segretario nazionale, i due candidati che abbiano ottenuto più voti tra gli iscritti”. È la Commissione nazionale per il Congresso, entro tre giorni dal termine delle votazioni, a comunicare i risultati. Dopo tale comunicazione, le primarie vengono convocate entro 30 giorni.


Le eccezioni

Lo statuto del Pd prevede comunque alcune possibilità alternative alla procedura ordinaria: secondo il comma 4, per esempio, Il Segretario in carica ha la facoltà di proporre all’Assemblea lo svolgimento di un Congresso straordinario per “tesi”. La proposta del leader – che dovrà passare per l'approvazione della Direzioni -, in questo caso, dovrà essere votata dalla maggioranza semplice dei componenti dell'Assemblea.

Infine, il percorso che porta le primarie, può essere derogato in presenza di un segretario dimissionario. Come nel caso di Walter Veltroni o Pierluigi Bersani, quando l’Assemblea ha eletto un nuovo segretario per la parte restante del mandato. 

   

I candidati in corsa (per ora)

Per adesso, non ci sono candidati ufficiali alla segreteria. In queste ore però qualcosa s'è mosso. L'ex ministro dei Trasporti Paola De Micheli ha detto a Repubblica che intende essere della partita: "Ho 49 anni, un curriculum fitto e la voglia di spendermi in qualcosa di importante. Voglio puntare sui militanti, troppo spesso dimenticati, quando non umiliati, e sulla definizione della nostra identità. Chi siamo, questa deve essere la domanda chiave e dovrà essere un congresso diverso dagli altri. Non può diventare una scelta di figurine o un concorso di bellezza. E neanche possiamo stare a discutere di Conte sì o Conte no, perché un partito non in salute non guarisce con le alleanze. Mi aiuteranno figure che stanno sul territorio, abituate a parlare con la gente". 

De Micheli è l'unica candidata ad aver preso una posizione chiara, perché sugli altri attori ci sono per adesso soltanto speculazioni. Il grande favorito sembra essere il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che non ha mai nascosto ambizioni di leadership a livello nazionale. Tra i papabili c'è anche la sua vice in regione Elly Schlein (che però non è neppure iscritta al Pd). Si è parlato poi di Giuseppe Provenzano e di Matteo Orfini, che ha preferito, per il momento, prenderla con (amara) ironia: "Con una media di un paio di autocandidature al giorno, se siamo bravi nel giro di un paio di mesi possiamo arrivare a una sessantina di candidati a un congresso che non è nemmeno stato convocato. Mi pare geniale. Abbiamo capito tutto", la stilettata dell'esponenente dei Giovani Turchi che segretario dem lo è già stato, sebbene soltano in qualità di reggente. Orfini ha comunque sottolineato la necessità di rifondare il Pd: "Come sempre, nel mio piccolo, proverò a cambiare questo partito". 

 

Più chiaro sulle intenzioni è stato invece Dario Nardella. "Io non mi tiro indietro se si tratta di costruire un gruppo dirigente nuovo", ha detto il sindaco di Firenze a Repubblica, invocando un reale cambiamento al Nazareno, che non riguardi solo il nome del segretario. "Non mi presterò a farmi usare come candidato anti-qualcuno", ha aggiunto Nardella.

 

In quota amministratori circola con insistenza anche il nome di Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro: "Sento la responsabilità come tutti di non potermi sottrarre in questo momento", ha spiegato il coordinatore dei sindaci dem, secondo cui il Congresso potrebbe anche non essere sufficiente a cambiare il corso del Pd. Per questo ha anche parlato di una fase nuova costituente  aperta e in grado intercettare forze e consensi al di là dell'area dem. Una percorso simile a quello prospettato dal sindaco di Bologna: anche Matteo Lepore ha infatti parlato di costituente, anche a costo di rimandare la scelta del nuovo segretario, ripartendo dagli amministratori e dalla società civile.

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