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Se i libri di Meloni Renzi e Calenda fanno boom

Claudio Cerasa

Le classifiche dei libri dei leader politici forse dicono poco sul voto. Ma sulla capacità di incuriosire e dialogare sì

Lettori ed elettori: esiste un filo? Un collegamento diretto non c’è, ovviamente, perché un lettorato non va mai confuso con un elettorato, ma se si va a frugare in modo malandrino nel database dei numeri ufficiali delle vendite dei libri, un database non facilmente accessibile, si scoprirà qualcosa di interessante che riguarda alcuni protagonisti di questa campagna elettorale, e la loro capacità di appassionare, di coinvolgere, di incuriosire e di intrigare. Difficile dire se questi numeri possano corrispondere davvero a un consenso potenziale, ma difficile non porsi qualche domanda mettendo insieme questi dati e provando a capire quale lettorato hanno raggranellato in questi anni i politici che hanno scelto di misurarsi con la sfida delle librerie.

 

Il primo caso utile da analizzare è quello di Giorgia Meloni, che esattamente un anno fa ha pubblicato con Rizzoli un libro intimo e personale e poco politico così intitolato: “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee” (libro ovviamente acquistabile anche su Amazon, nonostante le molte campagne patriottiche combattute da Meloni contro i demoni di Amazon). Bene, quanto ha venduto il libro di Meloni in un anno? Moltissimo. Alla data dell’11 agosto le copie acquistate nelle librerie risultano essere pari a 140 mila.

 

E i suoi avversari, invece, come se la passano? Distanze siderali, in termini di vendite, ma con qualche aspetto curioso. Enrico Letta, per esempio, segretario del Pd, ha pubblicato anche lui un anno fa, per Solferino, un saggio sulla sua visione del mondo (“Anima e cacciavite: per ricostruire l’Italia”), e un anno dopo il bottino è decisamente più magro: 5.900 copie vendute.

 

E gli altri? Nel luglio del 2021, anche Luigi Di Maio ha tentato la strada della libreria, dando alle stampe, per Piemme, un saggio ambizioso, diciamo così, scritto per criticare in modo feroce le proprie idee del passato (“Un amore chiamato politica. La mia storia e tutto quello che ancora non sapete”). E un anno dopo, il bottino raccolto da Di Maio è leggermente inferiore rispetto a quello raccolto da Letta: 4.000 copie (un quarto rispetto a quanto venduto da Rocco Casalino con il suo “Portavoce”, pubblicato nel 2021 con Piemme: 17 mila copie vendute). Matteo Salvini, nel 2016, ha pubblicato il suo unico libro, con Rizzoli, “Follia e coraggio per cambiare il paese”, e in sei anni ha venduto un numero non indifferente di copie: 24 mila (Meloni in un arco temporale più ristretto ne ha vendute 116 mila in più). Numeri che forse dicono poco. Numeri che forse possono suggerire che quando un leader di destra si esercita con la saggistica suscita comunque una certa curiosità. Ma numeri che forse possono dire qualcosa di più se si considera ciò che hanno raccolto negli ultimi mesi i due gemelli diversi del centrismo italiano: Matteo Renzi e Carlo Calenda. E in attesa di capire se il progetto susciterà interesse tra gli elettori non si può non notare che i progetti editoriali dei due protagonisti del terzo polo in questi mesi hanno incontrato le simpatie di molti lettori. Carlo Calenda, leader di Azione e della lista di centro, ha scritto a maggio per la Nave di Teseo un saggio intitolato “La libertà che non libera”, e quel libro in tre mesi ha venduto 10 mila copie.

 

Ancora meglio ha fatto però Matteo Renzi, che sempre a maggio ha pubblicato con Piemme un libro con un titolo calendiano (Calenda nel 2020 pubblicò “I mostri”, con Feltrinelli). Il libro del leader di Iv si intitola “Il Mostro. Inchieste, scandali e dossier. Come provano a distruggerti l’immagine”. Risultato: in tre mesi, 29 mila copie vendute. Il triplo di Calenda. Quattro volte in più di Letta. Quanto Salvini in sei anni. Numeri che, confrontati l’uno con l’altro, difficilmente possono dire qualcosa sull’elettorato potenziale, forse; ma che probabilmente possono dire qualcosa di più sulla capacità da parte di alcuni leader di incuriosire, di suscitare interesse, di creare dibattito, di emozionare e di toccare le corde delle emozioni.

 

Il lettorato non indica un elettorato potenziale, ovvio, ma indica forse qualcosa di più interessante: la capacità di un politico di andare al di fuori della propria comfort zone e di saper parlare a un mondo più ampio rispetto a quello rappresentato dal proprio partito. E se si osserva ciò che è successo in questi anni nelle librerie, con i saggi dei politici, qualche indicazione sulle potenzialità della campagna elettorale forse c’è.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.