Nicola Fratoianni (SI), Angelo Bonelli (EV) - foto LaPresse 

passeggiate romane

C'è stato un tempo in cui Bonelli e Fratoianni si facevano guerra

Calenda aveva avvertito Letta oppure no? Chi dice la verità e chi mente? Nella complicata vicenda che vede il Partito democratico da un lato e Azione dall’altro c’è stato da parte del Pd un errore di sottovalutazione

Chi dice la verità? O, meglio, chi mente? Domenica Carlo Calenda ha spiegato di aver avvertito dello strappo Dario Franceschini e non Enrico Letta perché con il segretario del Partito democratico aveva già parlato il giorno prima. Ma il leader del Pd ai giornalisti amici ha fatto filtrare un’altra versione dei fatti, raccontando che il numero uno di Azione non lo mai avvisato della rottura imminente. E allora? Da che parte sta la verità e dove la menzogna? In realtà, entrambi mentono ed entrambi dicono il vero. Sabato Calenda aveva avvertito Letta, prima su Twitter e poi personalmente, che se fosse andato avanti con un’intesa suggellata con tutti i crismi, conferenza stampa congiunta inclusa, con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli lui si sarebbe tirato indietro. E infatti sabato tutti gli alleati di Calenda (da Emma Bonino a Benedetto Della Vedova) sapevano che il leader di Azione avrebbe strappato. Come lo sapevano le new entry di Forza Italia Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Andrea Cangini. L’unico che ancora sperava nel lieto fine era Matteo Richetti, che era addirittura andato a Capalbio per raggiungere Calenda e convincerlo a restare nell’alleanza con il Pd. Ma Richetti è l’unico trattativista di Azione, il solo che non riesce a recidere i legami con il Partito democratico, e perciò ha confidato fino all’ultimo sul fatto che Calenda avrebbe cambiato idea. E anche al Pd sapevano già come sarebbe andata a finire, tanto che era partito l’ordine di preparare già per la mattina di domenica una sfilza di dichiarazioni contro il leader di Azione. All’apparenza quindi la verità starebbe dalla parte di Calenda. Ma le cose in politica non sono mai così semplici perché è vero che l’ex ministro dello Sviluppo economico aveva minacciato con Letta di uscire dall’alleanza, ma è anche vero che poi non lo ha avvertito quando ha fatto la sua scelta definitiva. E domenica mattina ha preferito fare l’annuncio formale al ministro della Cultura piuttosto che al segretario dem, mentre il povero Letta si aspettava almeno una telefonata che sancisse quel tormentato divorzio.

  
In questa complicata vicenda che vede il Partito democratico da un lato e Azione dall’altro c’è stato da parte del Pd un errore di sottovalutazione. Molti dem infatti erano convinti fino all’ultimo che Calenda avrebbe innestato una brusca retromarcia e non avrebbe strappato perché Enrico Letta ed Emma Bonino si erano parlati e la ex leader radicale aveva assicurato che +Europa sarebbe rimasta nell’alleanza e mai e poi mai avrebbe seguito il leader di Azione nel caso l’ex ministro avesse portato la rottura alle estreme conseguenze. E i dem erano convinti che di fronte alla prospettiva di dover raccogliere le firme (tante) per potersi presentare alle elezioni politiche del 25 settembre, Calenda avrebbe desistito. Ma così non è stato.
   

Adesso tutti si attendono che Azione e Italia viva marcino insieme, più per necessità che per altro. Una simile alleanza infatti ovvierebbe ai problemi dei due leader. Carlo Calenda non avrebbe bisogno di raccogliere le firme e Renzi non correrebbe il rischio di non entrare in Parlamento visto che Italia viva raggiungerebbe difficilmente il quorum del tre per cento con la concorrenza di Azione. L’accordo è dunque probabile ma niente affatto scontato. Soprattutto per le perplessità di Calenda.


Nel mondo ambientalista molti si chiedono come sia successo che Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni siano finiti insieme. Chi non ha la memoria corta (e in quel mondo sono tanti) ricorda ancora che all’epoca dell’Ilva il leader verde era quasi in procinto di denunciare Fratoianni, ex assessore della giunta pugliese guidata da Nichi Vendola, rea, a giudizio di Bonelli, di non aver fatto niente per impedire il “caso Ilva”.