(foto Ansa)

Al Tremonti Beach Party risuonano le sue profezie di sventura. "Dvaghi? Il suo fu un whatever mistakes”

Michele Masneri

Cronache dalla Parrina, dove il Nostradamus di Sondrio è tornato a ripetere i suoi tormentoni. "La foto del premier in treno verso Kyiv? Vidicola"

Professore, ci dice qualcosa? “Pev quel vostvo giovnale del cazzo?”. Quando Tremonti dice le parolacce gli si illuminano gli occhi, è come i bambini e adesso è un bambino che ha recuperato un giocattolo, anzi un giocattolone piombato inaspettatamente. Papabile per un futuro governo Meloni, forse ministro dell’Economia, chi dice addirittura premier!  Siamo alla Parrina, tenutona araldica-impolverata tra Capalbio e l’Argentario, dei marchesi Spinola, per il ciclo “Tra Globalizzazione e de-globalizzazione”, per il terzo anno siamo orgogliosi di averlo con noi, dicono gli organizzatori. Una specie di Cortina InConTra però maremmana. Pubblico sui 70, ventagli, Autan, degustazione di morellino di Scansano. Baracchino di registrazione che manderà in diretta l’incontro sul sito GiulioTremonti.it, e varie piattaforme.

Lui in grandissima forma. Gemelli. Camicia a righine. Giacca color senape. “Com’è stirata bene, Giulio”, sibila adorante una dama. Lui per tutta risposta gli imbruttisce al suo pubblico, tira fuori tutte le sue profezie di sventura. Il nuovo libro, che uscirà a breve per Solferino, si intitola “Le sette piaghe della globalizzazione”. “Mi sono dovuto sbvigave a finivlo ma sono in vealtà tvent’anni che lo sto scvivendo”. Insomma il succo è che lui aveva previsto tutto, che gli anni che verranno saranno devastanti, mille e non più mille. “Il mondo sta entvando in cvisi.  La Gevmania è in cvisi gvavissima! La Cina non cvesce! La Gevmania non pavliamone”.

 

Gli aristo-spettatori sono stravolti. Non eravamo più abituati al Nostradamus di Sondrio. Per fortuna lui li rinfranca con le sue solite chicche in una parlata tra Arbasino e l’Avvocato Agnelli. “Il pvonto soccovso della Bce? E’ diventato una lungodegenza”. “Viviamo un’epoca in cui i govevnanti si inginocchiano ai banchievi centvali, Adenauev e Chuvchill l’avvebbevo mai fatto?”. “Il Pdl nel 2008 eva l’unico pavtito che pvevedeva la cvisi che savebbe avvivata, poi guavda caso avvivò quella lettevina della Bce all’Italia” (è la famosa lettera di Trichet e di Draghi che imponeva all’Italia misure drastiche, sottinteso, che fecero  poi cadere Berlusconi e sprofondare l’Italia in recessione). Poi, altre hit. “Bismavck sosteneva che non si mente tanto come in campagna elettovale o dopo le campagne di caccia”. Poi la cover più conosciuta, “quello di Dvaghi non fu whatevev it takes bensì whatevev mistakes”. E’ il Tremonti Beach Party, come quello di Jovanotti sulle spiagge, ma qui nessuna tamerice è stata danneggiata, non ci sono guest star, e invece che “Sono positivo” lui devasta il pubblico con le sue previsioni.

Ai piedi ha un curioso mobile bar che sarà stato portato giù di peso dalla tenuta gentilizia, un globo-mappamondo che si apre in due, e dentro bottiglie di acqua e altro Autan. Manca solo che si metta a farlo volteggiare tipo il Chaplin del “Grande dittatore”. “Il gendev distvuggevà il welfave”. Mò che c’entra il gender? Nel dubbio, applausi. Vabbè. Il suo intervistatore, Angelo Polimeno Bottai, vicedirettore del Tg1, lo aizza buttandogli lì il nome di Draghi, il suo nemico carissimo da almeno 15 anni. Due tipi che più diversi non potrebbero, il globalista atermico e il ministro-fiscalista autore da tempi non sospetti del pensiero antiglobalista meridiano (per qualche strano fenomeno metafisico il mondo cade sempre a pezzi ovunque tranne che in Italia). 

Tremonti strabuzza gli occhi. “Il communiqué finale” (dice “communiqué” e non comunicato, è per questo che lo si adora),  il communiqué finale, dice, del G7, “sembvava scvitto da bambini. Otto pagine sul gendev fluid e quattvo vighe sull’Ucvaina. E poi quelle foto a Fontana di Tvevi…”. “Assistiamo a limiti dvammatici delle classi divigenti”. Il Pnrr? “Figlio di un mondo che non c’è più”. E comunque “Mevito del govevno Conte”. Brusio tra gli aristo-spettatori. Intanto, ciaff, qualcuno ha ammazzato una zanzara. Lancia ricette: “Il 5 pev mille bisogna povtavlo al 10, pev finanziave volontaviato, vicevca, ovganizzazioni sociali”. Poi tira fuori una paginetta su cui ha tutti degli appunti. “Savebbe questo un govevno libevale?”. Enumera, e vien fuori il vecchio Tremonti animal spirit dello “Stato criminogeno”:  “1.755 decveti, pavi a  8.775 pagine,  2.633 chilometvi lineavi, pavi a 25 campi di calcio. Non è divitto, questo, è vovescio!” (applausi entusiasti). Ma Draghi, lo incalza l’intervistatore, ha riportato l’immagine internazionale dell’Italia al suo splendore. Faccia da matto di Tremonti. “Abbiamo assistito alla costvuzione di una mitologia totalmente slegata dalla vealtà” (altro brusio degli aristospettatori). “Beato quel paese che non ha bisogno di evoi, diceva il cavo Bvecht”. E la preoccupazione delle cancellerie occidentali? (si riferisce all’intervista di De Benedetti di qualche giorno fa a Cazzullo). “Ah, sapete, io son molto pvovinciale, non fvequento nessuno, tantomeno cancellevie, non so nulla, pevò non mi sembva che ci sia questo panico in givo, ecco”. “Quella foto sul tveno, poi…” (intende Draghi in missione ucraina con Macron e Scholz). “Fvancamente vidicola”. Ma come, professore. “Adenauev non ci savebbe andato, la Thatchev non sarebbe andata” (brusii sotto il gazebo). Finisce l’incontro, “ringraziamo donna Franca Spinola”, dice un organizzatore. “Se la politica la richiamasse in servizio? Su, andiamo a beve, dai, meglio”. Tremonti salta giù dal palchetto e viene fermato da fan e curiosi, io gli vado sotto, ma come, professore, il treno è stato un successo pazzesco di Draghi, io c’ero. “Vidicolo, dai, no, su. Una bavzelletta”. E’ il Tremonti dei tempi d’oro, quello dell’imitazione di Guzzanti. Si allontana, poi si riavvicina, adora litigare, ed è adorabile litigare con lui. “Quel vostvo giovnale del cazzo”, eh, eh. Qualcuno gli porge un bouquet di fiori. “Come a Mavietto, quando è andato a Sommacampagna a inauguvave quella scuola”.  

Nota la mia borsetta di tela Adelphi. Io lo provoco. Sa, stanno pubblicando tutte le opere di Draghi in volume. Ridacchia. “Eh, eh. Dovvebbevo cominciave dalla letteva del 2011”. Professore, ma come ci arriva a quei calcoli? I campi da tennis, quelli di calcio… “Eh, viene in soccovso la fantasia”.  “Andiamo a bere”, insiste la marchesa. Un tecnico fa ripartire la registrazione dell’incontro e la voce di Tremonti tipo Nostradamus riparte: “La Gevmania in cvisi gvavissima, la Cina non cvesce!, a noi c’è andata bene”. “Abbiamo avuto un picco di visualizzazioni”, dice il tecnico. Ma Draghi perché se n’è andato? “Guavdi che io Mavietto lo conosco da tventamila anni, ha fatto un calcolo, non gli conveniva andave avanti. I pvossimi mesi sono un casino”. Dove va? “Da nessuna pavte, ma non è il mio pvoblema pvincipale”.  

L’inflazione? “Avvà un devastante impatto sociale”. Poi torna indietro, ricaccia il foglietto, sono le bozze del nuovo libro con sopra i suoi calcoli. “1.755 decveti, pavi a  8.775 pagine,  2.633 chilometvi lineavi”, ripete. “Una fatica, una volta la Gazzetta Ufficiale eva fisica, ova è online, è più difficile”. E i campi di padel non li calcola? “Eh, eh, no, la gente ancova non ci è avvivata, forse al tennis, ecco, dovvei calcolave il tennis”. “Giulio, vieni, una foto”, lo chiamano, e la marchesa lo reclama. “Faccia il bvavo, eh, tanto a me non me ne fvega un cazzo”, strizza l’occhio e se ne va, tutto contento per la parolaccia, e non solo. 

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).