Il retroscena

Altro che foto di Verona: la rete di Meloni con Zaia e Fedriga per il dopo-Salvini

Simone Canettieri

Gli abbracci calorosi con il governatore del Veneto, la passeggiata con quello del Friuli Venezia Giulia: così la leader di Fratelli d'Italia entra nel malcontento leghista che sogna un cambio di leadership

Verona. Giovedì l’abbraccio “molto caloroso” con Luca Zaia in piazza dei Signori. Venerdì la passeggiata “molto partecipata” con Massimiliano Fedriga a Gorizia. Fra le pieghe della tregua a favor di fotografi di Giorgia Meloni con Matteo Salvini, o viceversa, ci sono gli appunti a margine di questo tour della leader di Fratelli d’Italia tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, terre leghiste dense di scontento nei confronti del segretario del Carroccio. Con i due governatori che borbottano un giorno sì e l’altro pure contro Matteo. Comuni che per la prima volta vedranno primeggiare, nel voto di lista, la creatura meloniana. Un fatto politico nuovo. Osservato con attenzione anche dai ras del Carroccio. A partire da Zaia.

 
La presenza del doge a Verona per Sboarina, candidato sindaco di Fratelli d’Italia, ha fatto precipitare Salvini in piazza dei Signori. E ha prodotto la foto della (finta?) tregua fra i leader della destra.  Come raccontato, il capo del Carroccio non voleva lasciare il palco alla capa di FdI e al governatore del Veneto. Un’immagine, quella sì, che avrebbe portato tutti alla speculazione più semplice e lampante: Meloni stringe contatti con la nuova Lega, che forse ritiene più affidabile in vista di un nuovo centrodestra. Zaia alla domanda del Foglio (“e se ci fosse lei dopo Salvini?”) ha risposto come d’abitudine: “Sto bene in Veneto, natura non facit saltus”. Un modo  per ribadire, da  laureato in Scienze della produzione animale, che ogni cosa in natura avviene secondo leggi fisse e per gradi. Tuttavia la situazione intorno a Salvini è quella che è, dunque giovedì si è fatto 150 chilometri in auto da Monza a Verona per poi tornare a notte fonda a Milano. Ieri un altro spunto per questa traccia: tour di Meloni a Gorizia.

Con lei c’era Massimiliano Fedriga, un altro colonnello leghista, per molti in Via Bellerio l’opzione migliore per il dopo-Salvini. Due giorni, due tappe che potrebbero aprire nuovi rapporti fra la leader di Fratelli d’Italia e un partito in sofferenza silenziosa nei confronti di un capo in evidente difficoltà. Meloni e Fedriga sono quasi coetanei, lei ha quattro anni più di lui. Per un periodo hanno condiviso le riunioni dei capigruppo dei rispettivi partiti.  “Hanno  un ottimo rapporto”. Dunque si sentono. Magari commentano le notizie e i fatti del centrodestra e, chissà, anche gli inciampi di Salvini. Il quale però continua a essere sicuro che alla fine non vivrà alcun 25 Luglio. Non ci sarà insomma, secondo l’ex ministro dell’Interno, un Gran consiglio della Lega. Magari con Giancarlo Giorgetti, novello Dino Grandi, pronto a rimuoverlo. “I colonnelli devono tutto a Matteo, la cui leadership è saldissima: ha preso il partito ai minimi storici”, dicono i salviniani, una ridotta di inguaribili ottimisti.  

Al punto che il segretario del Carroccio è convinto, e così gli fanno credere, che tra meno di un anno potrà essere lui il candidato premier. E che dunque il sole tornerà a sorridergli. Per riuscirci ha deciso di fare ciò che una volta, prima del Covid, gli riusciva bene: girare l’Italia, stringere mani, aizzare piazze. Ecco perché l’estate di Salvini sarà un tour perenne: girerà tutte le regioni per lanciare le conferenze programmatiche del partito. Il debutto c’è stato il mese scorso a Roma. Il prossimo appuntamento  sarà a Parma dopo il ballottaggio. Bisogna dunque ripartire dalla foto di Verona. Salvini con sapienza situazionista sale sul palco con Zaia  mentre Meloni sta parlando, mossa notata con sopraccigli alzati dalle parti di FdI. E si produce così l’immagine della pace. Cose già viste anche  durante le ultime comunali nelle grandi città. Comunicazione, stop.  “Mi auguro che l’unità del centrodestra ci sia anche al momento delle politiche che devono esserci a marzo, non dopo”, rimarca la presidente di Fratelli d’Italia che  sente puzza di proporzionale. “Con la fine della pandemia, potrò tornare fra la gente, come prima”, sogna il segretario della Lega. I due non si fidano l’uno dell’altro. E lei intanto continua  a coltivare rapporti con i colonnelli leghisti  sempre più scettici e critici, nelle conversazioni private, sul rilancio di Salvini. Altro che Giulietta e Romeo.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.