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Editoriale

Il romanzone di mafia e della legge Severino

Redazione

A Palermo torna la vecchia storia criminale, ma la colpa è del referendum: il candidato FI Pietro Polizzi è stato arrestato per un presunto "scambio elettorale politico mafioso". La profezia già avverata dal ritorno della coppia Cuffaro - Dell'Utri

Esiste un rapporto diretto tra le elezioni amministrative e i referendum sulla giustizia in programma domenica? A parte il quorum, no. Nemmeno a Palermo, città che “può fare a meno dei grandi narratori perché la cronaca è sufficientemente romanzesca di suo”, per stare a un melodrammatico incipit sulla Stampa. Eppure proprio nella romanzesca Palermo il legame si prova a costruirlo, battendo il tamburello. La danza è presto detta: c’è un rapporto tra i revenant della mafia e una (improbabile) abolizione referendaria della legge Severino. Come le profezie che si autoavverano, è stato arrestato un pesce piccolo, il candidato di Forza Italia Pietro Polizzi, per presunto “scambio elettorale politico mafioso”. Polizzi sostiene il candidato di centrodestra Roberto Lagalla, e tanto basta al romanzo: la profezia già avverata dal ritorno di Totò Cuffaro e Marcello dell’Utri sulla scena politica.

Il veterano dell’antimafia chiodata Attilio Bolzoni ieri li definiva “sponsor eccellenti”, come i cadaveri, di Lagalla. Al momento è tutto qui, del resto tocca ammettere che Cuffaro e Dell’Utri sono interdetti dai pubblici uffici anche senza la Severino, ma hanno diritto di parola. Eppure si bolzoneggia, “l’aria che si respira a Palermo fa paura”, “è scesa una cappa soffocante”. Che poi, nell’ultimo anno la cappa si è invece diradata, in virtù dello smontaggio in appello del processo trattativa. E dunque: “Ma Lagalla è proprio sicuro che bastino solo quelle parole per marcare la distanza?”. Perché non dovrebbero? E del resto Polizzi non creava imbarazzi, quando nel 2017 era in una lista di sostegno di Leoluca Orlando. La trama oscura del ritorno della mafia l’aveva già sbozzata l’Espresso: “L’idea di abolire la Severino ne è una prova”. Mentre l’ex presidente dell’Antimafia Rosy Bindi dichiara, contro ogni decenza garantista, in sostegno della Severino, che “un imputato per corruzione” deve essere ineleggibile. Non un condannato, proprio un imputato. L’eterno romanzo del “terzo livello”, quello che Falcone aveva già buttato nella carta straccia.

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