L'intervista

“L'Anpi non ha più senso”. Parla Arturo Parisi

Gianluca De Rosa

Dall'inizio del conflitto in Ucraina con pazienza l'ex ministro segnala gli inciampi dell'associazione: "Ha esaurito il ruolo storico e non ha l’esclusiva sulla Resistenza". E sul suo controverso presidente: "Pagliarulo ascolti Bella ciao”

“Tutto sarebbe più semplice se l’Anpi riconoscesse di essere un’associazione politica fra tante, esprimendo liberamente le proprie posizioni, senza pretendere di rappresentare ancora oggi la Resistenza”. Arturo Parisi, ex leader dei Democratici prodiani, tra i fondatori del Pd ed ex ministro della Difesa del governo Prodi, dall’inizio del conflitto in Ucraina non smette di indignarsi. Su Twitter segnala con dovizia tutti gli inciampi dell’Anpi e del suo controverso e divisivo presidente Gianfranco Pagliarulo.

 

“Dietro frettolosi riconoscimenti di rito dell’aggressione russa, nelle relazioni congressuali, si continua a sbandierare nei manifesti un pacifismo irenico ed elusivo senza riferimento all’aggressione e invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Ma non voglio esagerare. Se il loro insistere su certe posizioni è di certo un perseverare, il mio potrebbe apparire un infierire”, si schermisce Parisi.  Ma che senso ha oggi quest’associazione? “Credo che il ruolo storico dell’Anpi sia ormai esaurito. Lo dice l’atto costitutivo dell’Anpi stessa”. Cioè? “La lettera A dell’articolo 1 recita: l’associazione ha lo scopo di riunire tutti coloro che hanno partecipato con azione diretta alla guerra partigiana contro i nazifascisti, contribuendo a ridare al nostro paese la libertà e la democrazia”. Una compagnia di combattenti per la libertà, insomma, e non un gruppo di pacifisti per la resa. Per questo, dice  l’ex ministro, Pagliarulo e soci “dovrebbero togliere il loro cappello dalla Resistenza. Ripeto – insiste – l’Anpi dovrebbe trasformarsi in un’associazione fra le tante. Non più ‘la’ associazione che per eccellenza rappresenta la Resistenza perché su quello ha esaurito la sua ragione sociale. Semplicemente per compimento. Così eviteremmo delle polemiche inutili”.  L’ex ministro della Difesa è convinto della bontà della sua tesi  non solo perché la maggior parte di coloro che riempirono davvero le file delle bande partigiane oggi non c’è più. “La Resistenza è ormai patrimonio di tutti, grazie appunto al sacrificio di quanti nell’ultima guerra scelsero di combattere in armi al fianco delle forze alleate contro l’invasore per un’Italia libera e democratica”. Combattere per la libertà, certo, un concetto che oggi sembra non andare più a genio all’Anpi senza partigiani, all’Anpi di Pagliarulo. Eppure basterebbe ascoltare Bella ciao, giusto? “E’ tutto lì – dice l’ex ministro –, nel canto che unisce i resistenti che in tutti i paesi del mondo mettendo a repentaglio la propria vita si battono contro ogni invasione in nome della libertà, purtroppo l’Anpi l’ha dismessa e adesso, giustamente, la cantano gli ucraini”.  Ma perché allora, nonostante posizioni discutibili e un ruolo storico esaurito, l’Anpi continua a rivendicare un presunto monopolio sulla Resistenza? E qui Parisi se la prende anche con chi la utilizza come arma politica, marchio di garanzia dell’antifascismo. “Per pigrizia e abitudine. Abitudine in chi ascolta, spesso non minore di chi parla. Come capita  in politica i nomi anticipano le cose, ma ancor più spesso gli sopravvivono”. Come l'Anpi è sopravvisuta ai partigiani. Nel 2006, da ministro, Parisi curò il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, oggi non ha dubbi sull’appoggio, anche militare, da fornire agli ucraini. “Ma questo non è in alternativa alla ricerca di ogni spiraglio che serva alla pace. Purtroppo – dice – siamo dentro una guerra ed è dentro le guerre che non dobbiamo mai smettere di pensare alla pace. Come è dentro alla pace che non dobbiamo mai dimenticare la guerra. Ma ragionare di pace con chi scrive pace e pensa a una resa è difficile. Molto difficile”.