Palazzo Chigi

Draghi riflette se nominare un "Figliuolo del gas", Conte si immagina Mélenchon

Carmelo Caruso

Il premier difende le sue scelte di diversificazione energetica (compreso l'Egitto), il leader del M5s fa staffetta con Salvini e rilascia interviste da pavone. Il governo: "Non c'è da stare tranquilli"

Ha violato la carta dei diritti del Dandy. “Posso essere io il nuovo Mélenchon!”. Sta per abbandonare l’abito per la tuta. Anche i capelli: “Al naturale. Non sapete che va di moda il grigio gauche?”. Ora è il “Peppin metallurgico ferito nel Def”. A Politico, lo stesso giornale che nel 2018 aveva titolato “Giuseppe Conte, Donald Trump’s italian cheerleader” (come la mettiamo? Oggi è giornalismo e ieri ideologia?) ha rilasciato un’intervista per spiegare che “bisogna evitare la corsa al riarmo”. A Enrico Letta ha ricordato che lui “non ha firmato nulla” e che “l’alleanza con il Pd” dipende “dalla capacità di dialogo e dal reciproco rispetto”. Come se fosse alla guida di un movimento di sir inglesi, gentiluomini con il bastone di rovere e i calzoni di tweed. “Non c’è da stare tranquilli” e non credono neppure, a Palazzo Chigi, che la “no fly zone” sulla delega fiscale, fino al 2 maggio, preceda la fine delle ostilità. Sono consapevoli che la prossima rivendicazione territoriale sarà la fornitura di gas con l’Egitto di al-Sisi, la nazione che non ha mai voluto dire la verità sull’omicidio Regeni. Il rischio è che una vicenda dolorosissima possa essere piegata in chiave politica. Al governo dicono che “è qualcosa di insopportabile. Accostarle è da gaglioffi”. Si sta seriamente valutando di nominare un “Figliuolo del gas”. Loro, Conte e Salvini, fanno staffetta. Sono Jacobs e Tortu della lentezza esecutiva.


 Quando hanno capito che il tentativo è quello di far passare l’Italia, e questo governo, come complice di altri regimi, la replica è stata: “E’ odioso. Dobbiamo pensare ad affrancarci dalla Russia e si cercherà di farlo dove sarà possibile, anche in Egitto”. All’obiezione di qualcun altro, sull’opportunità di chiedere all’Egitto ulteriori forniture di gas, la risposta è stata invece: “Si farà quello che serve e senza pentimenti. Al contrario di altri noi non dobbiamo candidarci alle elezioni”. Chi si deve candidare parla invece in questo modo. E’ Conte: “Siamo favorevoli all’embargo, dobbiamo raggiungere indipendenza e autonomia. Ma dirlo senza proporre alternative non è onesto”. Lui ovviamente ce l’ha. In questo bisogna riconoscergli il merito. E’ semplice ma efficace: “Dateci i soldi”. Visto che gli è andata bene una volta chiede il bis, l’Energy recovery fund. Piove e propone l’ombrello. Si ha sete e consiglia un bicchiere d’acqua fresca. C’è la guerra e suggerisce: “Pace”. Riduce al grado zero la complessità. E attenzione, non è Draghi che è “super”, e non è fede, lusinga, anche se Conte se ne dovrebbe intendere dato che durante il suo governo vantava numerosi “contegiani”. Non è neppure “non avrai altro Draghi all’infuori di me”. Sono loro, Conte e Salvini, a essere mini-mini.

 

Non conoscono neppure cosa fanno i loro ministri. Conte lo sa cosa fa il suo ministro Federico D’Incà? Anziché compulsare i sondaggi perché non legge il libro bianco “Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e favorire il voto”? E’ il lavoro di una commissione che ha istituito il “suo” ministro. Se fosse veramente leader, come dice, non sarebbe necessario fare sapere che “il mio rapporto con Draghi è di lealtà. Ora sono un leader politico e lo guardo negli occhi ponendogli questioni politiche”. Convinto di spaventare ministeri e gabinetti ha pure annunciato di aver convocato, con “urgenza” il Comitato economico e quello delle Politiche del lavoro del M5s”. Sembra un’invenzione di Gadda, il comitato Pirobutirro. Al governo hanno detto: “Non ci abbiamo dormito!”. Ormai è la loro melatonina, il Contetripthofan. Una capsula, ma dopo il Cdm. Notte.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio