Giuseppe Conte ed Enrico Letta (LaPresse)

passeggiate romane

Nel Pd si teme la fuga solitaria di Conte al voto. Grane per Letta

Le manovre del leader leader grillino provocano non pochi patemi ai dem, c'è chi pensa che il M5s possa andare solo alle prossime elezioni e chi invece crede il pacifismo a 5stelle possa rubare voti in vista del 2023. Ma il segretario democratico è intimamente convinto della giustezza della strada imboccata

Le manovre di Giuseppe Conte stanno provocando non pochi patemi al Partito democratico. Per questa ragione sono sempre più pressanti le richieste dei dem che vogliono cambiare il sistema proporzionale introducendo un meccanismo che non costringa le forze politiche a un’alleanza coatta. Ma il segretario Enrico Letta sta resistendo a tutte queste pressioni, convinto com’è che non ci sia modo di varare in questa legislatura una nuova legge elettorale. Al leader del Pd quella attuale non piace per niente e non ne ha mai fatto mistero, ma pensa che in questa fase sia difficile fare un’altra migliore.
 

Tra quanti suggeriscono a Letta di farsi promotore di un’offensiva per il proporzionale ci sono anche i dem che si sono andati convincendo che Giuseppe Conte stia meditando di andare da solo alle prossime elezioni politiche, anche con l’attuale sistema. Così Conte pensa di prendere più seggi per il suo Movimento e di evitare la nascita di un altro raggruppamento tanto caldeggiata da Casaleggio, è il ragionamento che viene esposto a Letta in queste ore. Ma il leader del Partito democratico è convinto che alla fine a Conte non convenga questa fuga solitaria, perciò non sta muovendo un dito per cambiare la legge elettorale. Anche perché, sono le sue obiezioni, trovare un’intesa in questo Parlamento con la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia è tutt’altro che semplice.
 

Un altro motivo di preoccupazione del Pd riguardo alle mosse del leader del Movimento 5 stelle è rappresentato dalla partita che si aprirà a breve sul Def. Conte ha già lasciato intendere che darà battaglia a Mario Draghi, il che fa presagire che presto nuove tensioni si riverseranno sulla maggioranza composita che tiene in piedi questo governo.


Il movimentismo di Giuseppe Conte ha anche altri contraccolpi sul Partito democratico. Un pezzo del Pd infatti ritiene che sia penalizzante per i dem giocare sempre e comunque il ruolo di forza responsabile che da’ il suo sostegno all’esecutivo. In questo senso anche l’Atlantico di Letta, in parallelo con quello di Draghi, provoca qualche perplessità all’interno del partito. Il timore è quello di veder fuggire verso i 5 stelle gli elettori pacifisti e di sinistra. Ma Letta non è di questo avviso. Primo: il segretario del Pd è intimamente convinto della giustezza della strada da lui imboccata, come dimostra il fatto che ieri, prima ancora del premier, abbia aperto la strada con grande fermezza  all’embargo del gas russo. Secondo: Letta ritiene che anche in termini di consensi elettorali alla fine il Partito democratico non ne uscirà penalizzato. Perché se è vero che un pezzo (piccolo) dell’elettorato dem può sentirsi frastornato da quello che è successo, è anche vero che i consensi moderati in fuga da Forza Italia o gli elettori che si erano rivolti a Matteo Renzi e Carlo Calenda potrebbero decidere di dare i loro voti a una forza che non ha più un profilo marcatamente di sinistra. 


Comunque, dopo le prime impressioni a caldo, dovute all’uscita di Giuseppe Conte sull’aumento delle spese militari, al Pd non temono più che l’ex presidente del Consiglio intenda andare al voto anticipato. I parlamentari dei 5 stelle e la parte del Movimento che fa capo a Luigi Di Maio non glielo consentirebbero mai, è il ragionamento che viene fatto in casa dem.

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