Salvini va in Polonia ma pensa alla Le Pen. Letta e Renzi vogliono stanarlo su Putin

Valerio Valentini

Il capo della Lega ha in programma un viaggio in Francia in sostegno della leader del Rassemblement National. Il segretario del Pd: "Questa è l'internazionale putinista, serve chiarezza". E il sentore di Scandicci dedica un capitolo del suo nuovo libro ai rapporti tra il Carroccio e il Cremlino

Il viaggio in corso e quello già programmato. La trasferta in Polonia, con possibile ma improbabile sconfinamento in Ucraina. E la traversata delle Alpi per un selfie sul palco insieme a Marine Le Pen, quando la campagna per le presidenziali francesi toccherà l’apice. Nel mezzo,  una corsa sul filo: che se da un lato prova a riposizionare il Carroccio dopo anni di sbornia filorussa, dall’altro rinnova l’appartenenza storica della Lega a quella che Enrico Letta definisce “l’internazionale putinista”. Legami storici, fantasmi di cui è difficile liberarsi. E su cui anche Matteo Renzi è intenzionato a martellare.

Il senatore di Scandicci, infatti, a chi gli chiede un giudizio sul perdurare della fascinazione di Salvini e per Putin, e sulle origini di quella condivisione di interessi e di propaganda, dà appuntamento al 5 aprile, data di uscita del suo prossimo libro. Che sarà incentrato sulle manovre d’intelligence orchestrate ai suoi danni, negli anni passati, e che vedrà un capitolo dedicato proprio alla penetrazione dei servizi russi in Italia, e della relazione pericolosa che Salvini ha intrattenuto con mondi vicini al Cremlino. Di come, insomma, certi leader sovranisti di casa nostra si siano lasciati usare da Mosca per destabilizzare il quadro politico italiano ed europeo.

E sarà un caso, ma in questo insolito allineamento tra Renzi e Letta, anche il segretario del Pd s’è convinto che certe ombre vadano ancora sciolte sugli accordi tra Salvini e certi ambasciatori di Putin. Quelli che già nel 2013 venivano ospitati nel congresso della Lega a Torino; quelli con cui, ancora nel 2017, si firmava un accordo programmatico quinquennale – sarebbe scaduto proprio ieri, rinnovandosi però automaticamente – tra il Carroccio e Russia Unita, il partito di Putin. E siccome l’artefice dell’operazione, e cioè Gianluca Savoini, nel preannunciare la stipula dell’intesa diceva all’epoca che questa “prevede la possibilità di sostenere le iniziative russe nei consessi internazionali come il Consiglio d’Europa”, ora Letta ripete di voler “andare fino in fondo”, di voler “fare chiarezza”. Dal Carroccio insistono nel dire che il contratto legava Russia Unita alla Lega Nord, partito distinto da quello attuale, Lega Salvini Premier. “Ma il nascondersi dietro formule burocratiche  fa male a Salvini”, ribatte Lia Quartapelle. “Perché non revocare apertamente un accordo? Cosa devono al partito di Putin?”, si domanda la responsabile Esteri del Pd. Insomma al Nazareno pretendono di sapere, in nome e per conto di chi Salvini celebrava Putin come “molto più democratico dei burocrati europei” intervenendo nel marzo 2015, nell’Aula del Parlamento di Bruxelles, per opporsi alle sanzioni alla Russia.

E insomma è anche per questo che il segretario del Pd non s’è fatto sfuggire l’occasione di affrontare in diretta tv Marine Le Pen: perché sa che la sfida per l’Eliseo di metà aprile saranno “uno snodo per l’intera Unione”, e dunque non è escluso che possano avere ripercussioni anche in Italia. Specie se, come ripete Letta, si dovessero configurare come la sfida “tra il fronte europeista e l’internazionale putinista”. Cruccio che forse si faranno anche a Palazzo Chigi, quando vedranno Salvini, sostenitore del governo Draghi, salire sul palco della leader del Rassemblement National. Cosa che dovrebbe accadere tra fine marzo e inizio aprile, stando a quanto i responsabili della Lega a Bruxelles hanno concordato coi colleghi francesi del gruppo di Identità e democrazia.

Per allora, d’altronde, forse le ambiguità di Salvini sulla questione russa si saranno chiarite, o magari saranno deflagrate. Sì, perché quando il dramma umanitario, l’esibizione del sangue e del dolore lascerà il posto alla guerriglia e alla necessità di individuare una soluzione diplomatica, le furbizie pacifiste varranno meno a garantire un alibi. Che è poi quello che l’ex ministro dell’Interno ha fatto volando ieri mattina a Varsavia, insieme al deputato Luca Toccalini e all’europarlamentare Marco Campomenosi, con l’obiettivo dichiarato di portare assistenza umanitaria ai profughi ucraini e incontrare i rappresentanti delle aziende italiane in Polonia. Il tutto, mentre il premier polacco, quel Mateusz Morawiecki con cui Salvini voleva inaugurare un supergruppo sovranista europeo abortito prima di nascere, mercoledì verrà a Roma per incontrare Draghi. Quello stesso giorno, invece, il leader del Carroccio tenterà la sortita più azzardata: quella verso Leopoli, in territorio ucraino, in un viaggio non privo di insidie se è vero che sono stati allertati anche funzionari della nostra intelligence per garantire la sicurezza dell’ex ministro dell’Interno.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.