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La folla bionda degli ucraini d'Italia, scesi in piazza per dire no a Putin

"Aggressore", "assassino", gridano i manifestanti ucraini sotto all'ambasciata russa a Roma. "Ora la Nato deve intervenire sul campo". Presenti anche Letta, Gualtieri e Zingaretti

Gianluca De Rosa

Alla fine anche Enrico Letta, Roberto Gualtieri e Nicola Zingaretti attraversano la strada. La manifestazione, quella vera, è dall’altro lato di via di Castro Pretorio. Non sotto il gazebo del Pd, a un passo dall’ambasciata russa di via Gaeta, ma di fronte alla biblioteca nazionale, dove si sono radunati gli ucraini, ma soprattuto le ucraine, di Roma. Una folla bionda. Quasi tutte donne. Madri, figlie, sorelle o mogli di famiglie che vivono in Ucraina. A Kiev, a Mauripol o in una delle tante città che questa mattina si sono risvegliate in guerra. In Italia per lavorare.

C’è un orgoglio nazionale (sventolano le bandiere, si canta l’inno e vecchi canti popolari), ma soprattutto c’è un nemico comune. “L’aggressore”, “l’assassino”, come è appellato sui cartelloni e nei cori il presidente russo Vladimir Putin. La richiesta all’Occidente, all’Europa, alla Nato, è semplice: “Aiutateci”. Natalia, portavoce di questo popolo di signore con i capelli corti e gli occhi azzurri, dice: “Molto bene se il Colosseo stasera sarà del colore della nostra bandiera, però questo non aiuta i nostri figli che sono ora lì, in guerra. Putin è kgbista, capisce solo la forza”. Alina, 45 anni, lo traduce così: “La Nato deve intervenire sul campo”. 

In piazza per solidarietà ci sono anche delegazioni di cittadini georgiani e bielorussi, ma anche un gruppetto di ragazze di Mosca venute per spiegare che: “Anche noi non vogliamo la guerra, non vogliamo Putin”. Non tutti però. A un certo punto una ragazza con i capelli tinti di rosso arriva e dice qualcosa in russo. Ne nasce una quasi zuffa. “Ha detto che devono uccidere tutti gli ucraini, è una russa”, spiega una signora. Deve intervenire la Digos per calmare le acque.

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