In cerca di una sintesi

Così Draghi dovrà difendere la legge di Bilancio dalle ansie dei partiti

Ruggiero Montenegro

A disposizione un tesoretto da almeno 20 miliardi di euro. Dagli ammortizzatori sociali al lavoro, fino a fisco, pensioni e Reddito di cittadinza su cui si annuncia una battaglia. Le prerogative dei partiti e il difficile equilibrio che il premier dovrà trovare

Questione di bandiere e di posizioni. Da non ammainare, da fare valere, da conquistare. Il governo che si appresta ad inviare a Bruxelles il primo disegno della nuova Legge di bilancio, dovrà presto fare i conti con le richieste dei vari partiti, temi simbolo a cui nessuno vuole rinunciare, strumenti della battaglia politica. Tanto più in periodo di elezioni, archiviato il quale, le forze di maggioranza dovranno iniziare a discutere per davvero, lasciando da parte gli slogan.

Mario Draghi ha indicato la via: la manovra finanziaria, che potrà contare su un tesoretto di almeno 20 miliardi, circa l'1,2 per cento del pil, punterà a creare le condizioni perché il rimbalzo economico di questi mesi divenga strutturale. Senza dimenticare l'onda lunga della pandemia, per cui anche il capitolo protezione sociale avrà uno spazio centrale. Toccherà poi al ministro Daniele Franco trovare la quadra, ma è dentro questo perimetro che i partiti di maggioranza giocheranno la propria partita, cercando di tirare per la giacca il presidente del Consiglio, ognuno con le proprie prerogative. Ognuno con le proprie bandierine, appunto.

 

Per il Pd di Enrico Letta, la priorità sarà la riforma degli ammortizzatori sociali, nel solco tracciato nei mesi scorsi dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, che a questo scopo vorrebbe trovare nella manovra una cifra che si aggira intorno ai 4 miliardi di euro. Nella prospettiva dem, bisognerà agire anche sulle politiche attive per la ricerca del lavoro, un tema che si lega al Reddito di cittadinanza. Il Pd non ne mette in discussione l'utilità e le finalità nella lotta alla povertà, ma già da tempo si è detto favorevole a un tagliando, che prenda in esame le disparità nei criteri d'accesso e migliori la parte legata all'occupazione, che ha mostrato in questi mesi tutti i propri limiti.

Una revisione che troverebbe d'accordo anche gli stessi 5 stelle, purché l'impianto di base non venga stravolto. D'altra parte anche il premier Mario Draghi si era detto, in linea di principio favorevole al reddito: per rifinanziarlo serviranno nel 2022 serviranno circa 800 milioni di euro. Ad ogni modo, i grillini sono "pronti alle barricate", dicono, per difendere la loro legge dagli attacchi che arrivano dai partiti del centrodestra di governo, che vedono nel Rdc la prima voce di spesa da azzerare per dirottare le risorse su altri tipi di proposte.

 

Anche da qui, insomma, la Lega vorrebbe trovare le risorse per allungare Quota 100, misura che al momento non è stata rifinanziata, destinata presto ad essere archiviata. Ma sul punto Matteo Salvini promette di non cedere: c'è per esempio l'ipotesi quota 41, sostenuta nei mesi scorsi anche dai sindacati. Ma se nel triennio in cui è stata operativa Quota 100 è costata quasi 12 miliardi, secondo i calcoli Inps, quota 41 arriverebbe a costare fino a 9 miliardi di euro annui: difficile, se non impossibile che Franco possa acconsentire un tale esborso. E negli ultimi giorni, il leader del Carroccio è tornato anche a parlare di Flat tax.

A completare il quadro c'è poi Forza Italia: per il partito di Berlusconi la priorità resta quella di abbassare le tasse sul ceto medio, un'indicazione che in linea di massima si trovava già nell'ultima Nadef e nella Legge delega, e che i forzisti sperano trovi seguito nella finanziaria del prossimo anno. Sull'altro fronte, F.I chiederà una riduzione delle imposte per le imprese, convinta che il modo migliore di consolidare la ripresa sia alleggerire la pressione sulle aziende, liberando risorse da investire sul mercato e stimolando in questo modo anche l'occupazione. 

 

In questo scenario, tra spinte molto diverse e spesso in contraddizione tra loro, dovrà muoversi il governo, alla ricerca di un punto di equilibrio non facile da individuare. E se tutti sembrano d'accordo con l'adozione di una politica espansiva, più difficile sarà trovare l'unità quando Draghi e Franco decideranno in che direzione andare, quando davvero quei 20 miliardi dovranno essere allocati, quando i partiti saranno davvero chiamati a scegliere. Con il rischio che la bagarre sulla Legge delega, con lo strappo leghista poi rientrato, non resti un episodio isolato.

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