ANSA/MAX CAVALLARI 

All'ombra degli asinelli

Il M5s ottiene un posto in giunta a Bologna: Lepore sceglie Max Bugani

Francesco Stati

Nella squadra del nuovo sindaco di centrosinistra anche il fedelissimo di Virginia Raggi, artefice della coalizione locale e della rottura a Roma: 361 voti valgono un assessorato. Il Pd modello emiliano si tiene largo

E insomma 361 preferenze valgono un assessorato. Per la precisione, quello ai rapporti con il Consiglio comunale, trasparenza, semplificazione, agenda digitale e servizi demografici. Lo dimostra la parabola di Max Bugani, capofila dei cinque stelle a Bologna e unico eletto del partito. Poco meno di cinquemila i voti al primo turno, pari al 3,4 per cento, per i pentastellati. Tanto è bastato per un posto nella giunta guidata dal neosindaco Matteo Lepore. Tutti gli altri restano fuori. Candidato a sindaco del comune dei portici nelle elezioni amministrative del maggio 2011 e del giugno 2016, era già consigliere comunale e capo del gruppo cinque stelle. Non solo: Bugani era stato tra i primi ad auspicare un'alleanza tra il suo partito e i democratici in vista delle elezioni cittadine. Già nel 2020 aveva tracciato la strada, non senza incontrare opposizioni interne.

 

Eppure, se sul piano locale spingeva in quella direzione, altrove remava contro. Forte del suo ruolo di capo staff di Virginia Raggi, se a Bologna il Pd era un amico "a cui mettere dei paletti", all'ombra del Campidoglio si trasformava in "un partito in piena crisi", che "non rappresenta più la sinistra". Bugani era stato scelto come capo staff per cercare di legare maggiormente l'ormai ex sindaca al coordinamento nazionale, forte del suo ruolo di socio dell'associazione Rousseau e di ex capo segreteria di Luigi Di Maio, con cui pure aveva avuto frizioni. "Virginia - diceva un anno fa al Messaggero - è l’unico ostacolo al ritorno di chi questa città l’ha saccheggiata per decenni. E poi in questo momento non c’è la destra di Almirante e nemmeno quella di Montanelli. C’è una destra che suona campanelli, che vuole pieni poteri e che dice che gli omosessuali sono persone malate. Il Pd romano, invece, è in piena crisi e non sa come uscirne: non rappresenta più la sinistra. Zingaretti non sa quale strada prendere e attacca all’esterno per provare a ricompattare un partito in grande difficoltà al suo interno". 

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