Beppe Grillo durante la manifestazione del M5s a sostegno della candidatura a sindaco di Massimo Bugani nel 2011 in piazza Maggiore a Bologna (ANSA / MICHELE NUCCI)

L'intervista

Ascesa e declino del M5s in Emilia-Romagna

Samuele Maccolini

Dieci anni fa si parlava di "Grillo-mania", oggi riesce a fare il 4-5 per cento, quando va bene. Nella terra più fortunata per il Movimento, la parabola grillina sembra essersi già conclusa. Parla Marco Valbruzzi, politologo dell’Istituto Cattaneo

Il Resto del Carlino la definiva, forse un po’ ingenuamente, “Grillo-mania”. Era il maggio 2011 e il Movimento 5 Stelle faceva incetta di voti alle amministrative nei comuni emiliano-romagnoli. Dai candidati al 9,5 per cento di Bologna fino a quasi il 10 per cento di Ravenna e l’11,3 per cento di Rimini: erano tutti risultati sopra la media italiana, che avevano controbilanciato la pessima performance al sud, dove il M5s non era andato oltre il 2 per cento praticamente ovunque. Nel 2010, alle elezioni regionali, l’Emilia-Romagna era stato di gran lunga il territorio in cui i grillini avevano riscosso più successo (6 per cento). Due anni dopo, a Parma, Federico Pizzarotti diventerà il primo sindaco di un capoluogo di provincia eletto con i Cinque stelle.

 

Dati alla mano, i primi successi del neonato M5s sono arrivati in Emilia-Romagna. Nella regione rossa per eccellenza, per quasi un decennio la presenza grillina è stato l’elemento più innovativo del panorama politico. Ora, gli scarsi risultati alle ultime elezioni amministrative – dal 3,3 per cento di Bologna al 2,4 per cento di Rimini (meno della lista “3V”, punto di riferimento per i no vax) – sembrano testimoniare l’epilogo della fascinazione emiliano-romagnola per il Movimento.

  

Il legame tra questo territorio e il partito fondato da Beppe Grillo poggia su presupposti locali difficilmente replicabili in altre parti d’Italia. “Tra il 2009 e il 2011, il Movimento 5 Stelle si radica quasi subito in Emilia-Romagna, soprattutto nell’area romagnola, attraverso i Meetup”, ci spiega Marco Valbruzzi, politologo dell’Istituto Cattaneo. È il primo territorio in cui il partito riesce a inserirsi con una buona struttura organizzativa. Non poteva succedere altrove: “In Emilia-Romagna i primi grillini sono i delusi del sistema Pd a livello locale e il M5s prende forma come reazione al partito che a livello regionale rappresentava l’establishment”, spiega Valbruzzi. “Altrove, un partito forte di sistema come il Pd non c’è, oppure c’è altro”. E senza nessuno contro cui ribellarsi, veniva a mancare il presupposto politico del movimento antisistema.

   

Negli anni successivi, alcune circostanze locali contribuiranno alla crescita del M5s. “Dopo il 2012, lo scandalo dei rimborsi e la vicenda giudiziaria (conclusasi con un’assoluzione ndr) dell’allora presidente della regione, Vasco Errani, innescano un’ondata di antipolitica”, racconta Valbruzzi. “Il M5s si trova nel momento giusto e nel periodo giusto per raccogliere quel tipo di dinamica. I delusi del centrosinistra che pensavano di avere un partito nudo e crudo sono attirati dal M5s. E quest’ultimo è bravo a sfruttare il momento di distacco del Pd rispetto al proprio elettorato”. Visto in prospettiva dopo una decina d’anni, in quel periodo c’erano già i segni del futuro declino: dal Conte II in poi, il movimento che nasce sul territorio per combattere l’establishment si trova costretto a “dover andare potenzialmente a braccetto con quel partito di sistema che invece era l’elemento di critica maggiore”, dice Valbruzzi.

    

È una marcia indietro che non regge, almeno a livello locale, dove ora gli ex grillini preferiscono l’astensionismo alle alleanze con il centrosinistra. Il Movimento perde quel margine di elettorato che aveva conquistato nel momento di massimo consenso, alle elezioni parlamentari del 2018. “Se ne va soprattutto l’elettorato che era cresciuto negli anni precedenti, cioè la componente di centro e di destra”, spiega il politologo, “mentre restano gli storici, quelli che ancora oggi consentono al M5s si fare 4-5 per cento in regione, quando va bene”. Il futuro sembra già delineato: “Il rischio è quello della scomparsa o dell’annessione dell’elettorato del Movimento 5 stelle dentro il contesto del centrosinistra”. Nella terra più fortunata per il M5s la parabola grillina sembra essersi già conclusa.

 

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