"Ci facciamo un selfie?". Ora Conte ha un nuovo format elettorale

Valerio Valentini

Le disposizioni inviate agli attivisti locali da Paola Taverna: niente comizi, meglio le passeggiate. E soprattutto: tante foto. La paura di non riempire le piazze e la ricerca di una exit strategy per le amministrative. L'ex premier prova a reinventarsi

Al primo sentore di malizia, nello staff di Giuseppe Conte già mettono le mani avanti. E dicono che sono solo ragioni di ordine pratico ad aver suggerito il cambio di format: perché c’è il Covid e dunque assembrarsi in piazza non è consigliabile, perché con mezza Italia da girare è meglio pensare a regole d’ingaggio flessibili. E poi c’è la voglia di ridefinire il profilo dell’ex premier: sempre in camicia e giacca, per carità, perché l’autorevolezza professorale resti la sua cifra, ma bisogna spettinarlo un po’, accorciare le distanze con la gente, ridonarlo a quel popolo di cui si proclamò avvocato. Tutto comprensibile, certo. E però, se ai facilitatori regionali (ebbene sì, ancora esistono) è arrivato perentorio l’ordine di evitare comizi statici per il tour dell’avvocato di Volturara, è anche per una certa inconfessabile paura di non riuscire a riempire le piazze. E dunque Paola Taverna, che da responsabile “attivismo locale” nel famigerato “Team del futuro” – mai davvero attivo, fin dalla sua creazione nel gennaio 2019, ma mai neppure davvero rottamato – sta curando l’organizzazione del cammino di Conte lungo le strade d’Italia in vista delle amministrative di ottobre, insieme ai consulenti dell’ex premier ha individuato la formula più opportuna alle esigenze comunicative del nuovo leader grillino: “la passeggiata”.

Funziona grosso modo così. Conte arriva in un punto di ritrovo convenuto dove vengono convocati i militanti locali, i consiglieri del comune interessato e di quelli limitrofi, magari pure qualche parlamentare: qualche saluto, poche parole, un piccolo discorso, poi di lì ci si muove per le vie della città o del quartiere, ci si ferma a parlare coi commercianti. E lì tutti, tanto i fan desiderosi di un abbraccio quanto il malcapitato passante con la sporta della spesa in mano, diventano preziosi elementi per la scenografia a cinque stelle, comprimari utili a far risaltare la popolarità del leader. Con tanto di codazzo di attivisti, consiglieri e parlamentari vari, che nel frattempo seguono Conte e fanno massa, fanno numero, riempiono le inquadrature: un po’ come i carri armati di Mussolini.

 

Ma soprattutto, la raccomandazione arrivata da Roma agli attivisti locali impegnati nella programmazione degli eventi elettorali è stata una: “I selfie, ci servono i selfie”. Del resto chi s’è trovato ad assistere all’inaugurazione del tour elettorale di Conte, venerdì scorso a San Basilio, si è già accorto dell’ansia da social che anima l’entourage dell’ex premier. Il quale, per decine di volte nell’arco di una mezz’oretta, in giro tra piazza della Balena e il mercato del quartiere a nordest della capitale, più che a proporre soluzioni innovative per il futuro della città è parso ansioso di convincere le persone a immortalare il momento. Con Virginia Raggi, sindaca e pr, che promuoveva l’iniziativa: “E che, signora, non lo vuole un selfie con me e Conte?”.

 

Nulla di scandaloso, beninteso. E’ la dittatura dell’algoritmo, del resto, a imporre nuove priorità ai leader politici. La stessa logica che spingeva Morisi & Co. ad alimentare costantemente la Bestia leghista, costringendo Matteo Salvini a starsene lì sul palco, a fine comizio, a gestire la file ordinata e lunghissima di elettori smaniosi di un selfie col loro beniamino. Perché poi ognuno di quei protagonisti minori dello scatto si sentiva in dovere di condividere la foto in chat con gli amici del calcetto, o postarla sul suo profilo a beneficio di centinaia di contatti, e così la bolla si gonfiava. Che è in fondo lo stesso ragionamento che i parlamentari del M5s si sono sentiti fare dai consulenti del premier. E insomma Conte, che pure si trova a dover recitare la parte di colui che aborre i metodi di Salvini, sceglie in fondo la stessa strategia. Sa d’altronde che la sfida elettorale che lo attende è proibitiva.

 

Certo, c’è Napoli, dove i contiani puntano a essere “primo partito” e dove oggi il premier ha alzato le barricate intorno al reddito di cittadinanza. Certo, ci sono alcuni piccoli comuni in Puglia che potranno regalare soddisfazioni. E forse anche Chioggia, meta di domani dell’ex premier, potrà vedere la riconferma del sindaco grillino uscente, sempre che le baruffe interne al grillismo lagunare non facciamo troppi danni. Ma se a Milano i grillini sperano che Beppe Sala non stravinca al primo turno (“Così possiamo appoggiarlo al ballottaggio e rivendicare un assessorato”), se a Torino, dove Conte andrà nel fine settimana, l’obiettivo è “almeno il 10 per cento”, si capisce che le peregrinazioni del leader del M5s sono un tentativo di ritrovare almeno una base di consenso per il futuro. E allora, dai, facciamoci un selfie. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.