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L'obbligo vaccinale non è più un tabù

Claudio Cerasa

O vaccinazioni o chiusure. Senza immunità, in autunno saranno guai. Nel governo cresce il partito di chi vuole  rendere obbligatorio non solo il green pass, ma anche il vaccino. Draghi sa che è decisivo

O vaccini o chiusure. C’è una piccola bomba a orologeria piazzata sotto la superficie della maggioranza di governo e quella bomba ha a che fare con un problema che un pezzo importante della politica italiana sembra aver momentaneamente cancellato dal suo orizzonte. Il problema è presto detto: o la campagna sulle vaccinazioni registrerà una svolta significativa, spingendo la popolazione fragile che non si è ancora vaccinata a vaccinarsi in poco tempo, o in autunno i colori delle regioni italiane, con tutte le conseguenze del caso sulle aperture, sui ristoranti, sulle scuole, potrebbero tornare a essere cupi come quelli di un anno fa.

Il numero dei contagiati, in termini assoluti, non è ancora a livelli preoccupanti – la crescita dei nuovi positivi rispetto a un mese fa è circa del 18 per cento – ma, nonostante l’alto numero di vaccinati, la presenza contestuale di una variante mille volte più contagiosa rispetto al virus in circolo un anno fa e una fetta considerevole di popolazione non ancora immunizzata (gli over 50 che non hanno ricevuto nemmeno una dose sono circa 4 milioni da almeno tre mesi) ha contribuito ad avere oggi una base di positivi otto volte più estesa rispetto al 2020 (oggi abbiamo circa 7 mila casi al giorno, lo scorso anno erano circa 400, e se il trend dovesse continuare a essere questo i 20 mila casi al giorno registrati nell’ottobre 2020 arriverebbero quest’anno a una quota difficilmente gestibile).

 

Il mare che ci si presenta oggi di fronte non è dunque in tempesta, è mosso ma è ancora dominabile, ma la verità che non sfugge alle autorità sanitarie è che i pochi vaccini fatti durante il mese di agosto (media settimanale degli ultimi sette giorni: 220 mila somministrazioni quotidiane) sono vaccini che sono stati somministrati in prevalenza alla fascia della popolazione meno fragile. E dunque, che fare? E che c’entra l’evoluzione della pandemia, e della campagna vaccinale, con il futuro della maggioranza di governo? C’entra per almeno due ragioni diverse.

La prima ragione, che diventerà presto oggetto di un nuovo dibattito politico e probabilmente di un nuovo scontro tra i partiti, riguarda una consapevolezza che un consulente del ministero della Salute sintetizza con queste parole: l’unica possibilità concreta per non prolungare la pandemia fino al 2024 è, da un lato, trovare una qualche nuova strategia per mettere in campo una grande vaccinazione di massa e, dall’altro, riuscire a trasformare il green pass in uno strumento necessario per accedere a qualsiasi luogo chiuso, senza deroghe, senza eccezioni, senza paura.

La seconda questione, ancora più dirompente, che promette di diventare un elemento più che divisivo per la maggioranza di governo riguarda, dicono al Foglio fonti qualificate del governo, “la necessità di rompere il tabù dell’obbligo vaccinale”. Rompere gradualmente questo tabù, per la disperazione dei partiti sovranisti, che hanno scaricato sul no al green pass e sul nì ai vaccini tutto il proprio ridicolo arsenale retorico anti sistema, significa fare un passo in avanti rispetto all’irrigidimento del green pass (con il green pass puoi fare tutto, senza green pass puoi fare poco) e significa per esempio trasformare la Pubblica amministrazione, tutta e non solo ospedali e scuole, in un modello per il resto del paese. In cinque parole: si lavora solo se vaccinati. Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, ministro di Forza Italia, su questo punto è d’accordo con Roberto Speranza, ministro della Salute, che vede nell’obbligo della vaccinazione, almeno per la Pa, un punto di svolta importante nella campagna vaccinale. E la volontà ferrea da parte del presidente del Consiglio di non perdere la battaglia contro i sindacati sul green pass a scuola (al quinto giorno di fila senza green pass scatta la sospensione dello stipendio per il personale scolastico e il personale scolastico a cui la scuola pagherà gratuitamente il tampone sarà solo quello “impegnato nelle attività in presenza e che si trovi in condizioni di fragilità sulla base di idonea certificazione medica”) è lì a testimoniare che anche Mario Draghi sa bene che, al netto del futuro dell’Afghanistan, al netto del futuro dell’immigrazione, al netto del futuro del Pnrr, la sfida per il governo sarà questa. Sarà trovare un modo efficace per governare il binomio da cui dipenderà il destino del paese: o vaccini o chiusure. La sfida è questa. E Salvini o non Salvini rompere gradualmente il tabù dell’obbligo sarà il prossimo complicatissimo whatever it takes che dovrà maneggiare il governo Draghi. Nella consapevolezza, ancora una volta, che non è detto che ciò che divide il governo sia anche ciò che divide il paese. Più vaccini, meno chiusure. Non serve un disegnino per far capire cosa significhi oggi difendere la libertà.  

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.