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"Green pass come Shoah? È una vergogna. La politica deve definire i confini"

"Le stelle gialle avevano lo scopo di portare gli ebrei allo sterminio. Non c'è nessuna tessera, carta o riconoscimento che possano essere paragonati a questo". Parla Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma

Roberta Benvenuto

“Siamo profondamente arrabbiati e indignati per una manifestazione vergognosa e un accostamento altrettanto scandaloso”, dice al Foglio la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, a proposito di chi accosta l'obbligo del Green pass nei locali alla Shoah e, dunque, alle deportazioni nei campi di concentramento. Negli ultimi giorni, dopo l’annuncio di Mario Draghi, si sono moltiplicate le manifestazioni contro le nuove disposizioni sui vaccini.

 

Svastiche, stelle di David, passaporti con aquile, riferimenti alla storia che si ripete e alla “dittatura sanitaria”? “Le stelle gialle avevano lo scopo di portare gli ebrei allo sterminio. Non c’è nessuna tessera, carta o riconoscimento che possano essere paragonati a questo. È una doppia infamia: nei confronti della storia e nei confronti dei sopravvissuti”, spiega Dureghello. E sulla presenza di alcuni esponenti di estrema destra insieme a semplici cittadini a piazza del Popolo a Roma dice: “È una vergogna che si aggiunge alla vergogna. Il dissenso è sempre legittimo. Ma in quella piazza si sono insinuati e diffusi i più biechi e meschini messaggi di odio”.

 

Come spiega tanta confusione? “C’è una liquefazione dei valori e dei presidi che per tanto tempo abbiamo dato per scontati. Il nostro è un paese che non ha fatto i conti con la Storia. I seminatori di odio, sono i seminatori di odio ovunque. Cavalcano l’ignoranza, la confusione, la superficialità e ne fanno un disegno per creare confusione ulteriore”. 

 

“C’è solo una cosa che garantisce la libertà in questo momento, ed è il vaccino - sottolinea Dureghello - Usiamo quella responsabilità sociale e solidale che è alla base della nostra democrazia e dei nostri valori”. 

 

Un consigliere regionale ha evocato i tatuaggi fatti nei lager rispetto a chi non si “allinea” alle nuove regole, alcuni leader hanno chiesto di capire le piazze delle ultime ore. “Il tema è sostanzialmente culturale. Non possiamo delegare ad altri la responsabilità di ciascuno di noi. Se non abbiamo recepito, compreso - e anche studiato, mi viene da dire - non abbiamo attenuanti. Anzi, è un’aggravante di una responsabilità ulteriore che questi signori si assumono nel momento in cui rappresentano le istituzioni”. 

 

Cosa consiglia alla politica? “Credo che il popolo abbia sempre il diritto di esprimersi. Ma nei luoghi, nei modi e con le parole e il linguaggio adeguato. Che non si superino certi baluardi. Alla politica consiglio di essere ferma e decisa nel definire questi confini. Nel non permettere ambiguità e confusioni. C’è un bianco e c’è un nero, c’è la Shoah e c’è quello che stiamo vivendo oggi e di cui siamo protagonisti. Se non vogliamo che questa storia prenda il sopravvento su di noi dobbiamo gestirla. È il ruolo del politico, che lo facciano”.

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