La storia

Bonucci: "Mattarella dopo il mio gol? È uno di noi. Abbiamo goduto insieme"

Il fratello Riccardo: "Dicono che da giovane fossi più forte io? Che noia questa storia, Leo è Leo". A spasso a Viterbo tra la famiglia del campione

Simone Canettieri

Il difensore della Nazionale racconta al Foglio la notte di Wembley: "Uno sballo l'esultanza del presidente". E al fratello e al padre domenica notte ha confessato: "Ma che ho combinato?"

“Che sballo vedere il presidente Mattarella gioire così per il mio gol”.

Leonardo Bonucci  si è fatto una foto con la coppa al centro del talamo difensivo che divide con Giorgio Chiellini  (i due domani partiranno con le  famiglie per la Sardegna: sono ormai una coppia di fatto, tutt’altro che discriminata). Come si sa,  ha anche detto ai tifosi  inglesi che devono “mangiarne ancora di pastasciutta, e ancora”.  

Tipica risposta che danno i vecchi di Pianoscarano, quartiere di peperino  della sua Viterbo, quando qualcuno prova a fare lo spaccone e gli riesce male (per rafforzare il concetto di bisogno di sostentamento alimentare nella  città dei papi si chiude il ragionamento così: “Adesso a casa li fiji”).  

Bonucci prima di  andare al Quirinale, e a Palazzo Chigi, rivede l’immagine dell’esultanza di Sergio Mattarella al suo gol, quello dell’1-1. E la commenta con il Foglio.  

Leonardo Bonucci si è reso conto di tutto, solo molto dopo. 
Eppure quel sussulto di tenera emozione, scappato dalle mani del Capo dello stato, davanti al suo tap-in è ormai diventato famoso. Fa parte del racconto di questo 2021 e anche del settennato, ormai agli sgoccioli, del Presidente. E’ bello. E’  candido, come la chioma quirinalizia. E’ già un meme da inviare agli amici su WhatsApp.   Sandropertinismo 2.0 (per i nostalgici) e materiale   per le “bimbe di Sergio Mattarella”, un gruppo che sui social  fa  parodia delle  mosse del Capo dello stato.

“Lì per lì, appena ho segnato – racconta il difensore della Juve e della Nazionale al Foglio – non ho capito un granché. Tanto che anche dopo a mio fratello e a mio padre, presenti a Wembley, ho ripetuto: ma che ho combinato? Ma che ho fatto? Mi spiegate?”. Poi ci sono stati i rigori, certo, e un altro gol.  

Ma Mattarella che esulta, che fa vibrare le braccia con le mani tese, che urla gol, e  poi si ricompone, è “la” foto dell’altra notte. Perché è liberazione e speranza (di vincere).    Ecco, caro Bonucci  come la mettiamo? “Per me è stato un onore segnare davanti a Mattarella, e adesso che rivedo le immagini mi emoziono.  E dico che è stato uno sballo. Il Presidente è stato ed è il nostro primo tifoso e, questo è il bello del calcio, si è lasciato andare come tutti gli italiani. E quindi, per un attimo, le differenze davanti a una gioia così grande, dopo un periodo  con cui tutti abbiamo fatto i conti, si sono annullate. E poi a fine partita abbiamo goduto tutti insieme”.  


Gentilissimo. Adesso è ora di mettersi la divisa di Armani, lasciare l’hotel Parco dei Principi, salire sul pullman (azzurro! Che domande!), farsi largo tra la folla,  per andarsi a prendere un po’ di allori tra le  siepi e le  palme dei giardini del Quirinale. Poi toccherà  a Palazzo Chigi, con Mario Draghi.  A Viterbo intanto c’è il fratello Riccardo: anche lui è tornato questa mattina da Londra. Senza coppa, ma dopo una notte vagamente pazzesca, passata in tribuna con il padre,  Claudio, ex dipendente Telecom in pensione. “Quando Leo ha segnato, mio padre è rimasto pietrificato. Non parlava più.   Poi certo abbiamo pianto tutti. E ci siamo fatti una bella videochiamata a tre”.

Dorita, la mamma, è rimasta alla base, il quartiere medievale di Pianoscarano. Ma con una missione: pensare al tiramisù per accogliere  il suo campione d’Europa, quando si affaccerà nella Tuscia.  

Tutte le volte che si parla di Leonardo Bonucci bisogna ripetere la storiella di Riccardo, cinque anni più grande del fratello campione, e  dipendente amministrativo alla Asl. La leggenda, forse un po’ rosicona, narra che il campione di casa fosse lui: Riccardo. Alto, prestante, più forte tecnicamente di Leo, ma più lento. Solo che alla fine il primo Bonucci non ce l’ha fatta, nonostante un esordio  con gol in C1 poco più che maggiorenne.

Doveva essere  lui la stella, ma  è finito a calcare i campi dei dilettanti.  Si sa come vanno queste cose:   magari il procuratore  sbagliato, magari la scelta della squadra sbagliata.   Il tutto con un bell’infortunio al ginocchio. Insomma,  tutte le volte che si parla della stella della Nazionale, esce fuori questa faccenda “che il più forte  era Riccardo, vero Leo?”.  Una domanda che alla fine è diventata asserzione. Tanto che nel 2019 anche la juventina sfegatata Raffaella Carrà la ripropose con forza proprio a Bonucci durante una puntata di “A raccontare comincia tu”. E lui, Il Grinta, non poté  che rispondere: “Certo”. “Questa storia mi ha scocciato”, ride al telefono  Riccardo. Convinto che serva solo ad arricchire la contro narrazione del campione sopravvalutato, fortunato, aiutato dal caso. Ma qui si entra nelle storie un po’ meschine di provincia. Leonardo Bonucci fa da sempre i conti con questi pensieri minimi, tanto che ha iniziato a mimare il gesto di “sciacquatevi  la bocca quando parlate di me” dopo una cena in pizzeria con gli amici che lo sfottevano perché tanto “non segnerai mai in serie A”. Com’è andata la sua carriera si sa (9 scudetti, 5 Supercoppe, 4 Coppe Italia, un Europeo) e anche la partita vinta contro la malattia del figlio Matteo. Il ragazzo è etrusco, tignoso e abituato a prendersi quello che vuole (i viterbesi stanchi dal primo conclave che non terminava mai, dopo mille giorni scoperchiarono il tetto del palazzo papale per “agevolare” l’elezione di Gregorio X). Un attimo, c’è la diretta dal Quirinale. Mattarrella ha appena finito di parlare. Incrocia Bonucci: sembra dirgli, anche a lui, grazie per l’altra sera.

Alle 20.30 Bonny è sul pullman aperto della nazionale: ha in mano un megafono.
 

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.