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euro 2020

Chiellini è un varco spazio-temporale

Andrea Romano

Il successo dell'Italia di Mancini è anche il successo di un centrale che può vantare zero dribbling subiti e una manciata di grandi attaccanti infilati nel taschino. La sua assenza contro Galles e Austria ha ricordato il motivo della sua presenza fissa

L’immagine sembra uscita da un cartone animato. Il primo tempo supplementare è quasi finito quando Bukayo Saka inizia a correre pestando i piedi sulla linea del fallo laterale. Non deve far altro che avanzare sfruttando la sua rapidità. E poi si troverà faccia a faccia con Gigio Donnarumma. L’esterno si mette in marcia mentre due Paesi interi trattengono il respiro. Solo che all’improvviso la sua maglia bianca inizia ad allungarsi. Ancora. E ancora. E ancora. Perché a qualche centimetro di distanza Giorgio Chiellini stringe fra le dita il colletto della sua divisa. Le gambe di Saka scalciano un paio di volte nell’aria, poi la sua schiena picchia contro il terreno di Wembley. Poco più in là il capitano azzurro alza subito le braccia per chiedere scusa. E accetta il cartellino giallo con una certa riconoscenza. Il risultato è salvo, la parità numerica non è compromessa.

Quel fallo è un piccolo capolavoro di praticità. Ma soprattutto è un bignami del modo di giocare di Chiellini. Un difensore ruvido, grezzo, spigoloso, urticante. In una sola parola: insopportabile. Ma solo per chi è costretto a giocarci contro. Perché il successo di questa Nazionale è anche il successo di un centrale che può vantare zero dribbling subiti e una manciata di grandi attaccanti infilati nel taschino. In quest’ultimo mese Chiellini è stato tante cose per gli Azzurri. È stato contemporaneamente il buono, il brutto e il cattivo. Ha alternato facce belligeranti a larghi sorrisi. Ha intimorito gli avversari o li ha semplicemente messi a disagio, come successo con il siparietto quasi molesto con Jordi Alba prima dei calci di rigore contro la Spagna.

Ma Chiellini è stato anche un intruso. L’uomo con i piedi di granito incastrato nel cuore di una squadra moderna, in un gruppo che ha giocato ogni partita per imporre imporre la propria idea. E che, Spagna a parte, ci è riuscito. Sempre.

In questo Europeo Chiellini è stato retroguardia, un cordone ombelicale in grado di collegare la tradizione del gioco all’italiana a un presente dove difendersi a oltranza è considerato offensivo, quasi volgare. È il Gentile che si francobolla a Maradona, è un capo liso che non passa mai di moda, un leader travestito da gregario, è la bellezza ostinata e contraria che si manifesta nell’azzerare la magnificenza delle giocate altrui. Ma la sua è anche la storia personale di un difensore che è partito senza contratto è che è tornato Re Giorgio, con in testa la corona da monarca assoluto dei marcatori, specie ridotta a manipolo e ormai a rischio estinzione. La sua assenza contro Galles e Austria ha ricordato il motivo della sua presenza fissa. Un amplificatore del talento altrui, uno spargitore di tranquillità, un po’ Braveheart un po’ Capofortuna di Rino Gaetano, quello che sussurra “Dimentica i tuoi problemi imbarca i tuoi remi lui pensa per te”. Ma la sua presenza è stata anche un’arma impropria. Perché ha portato le punte avversarie a trovare soluzioni diverse, ha suggerito a Luis Enrique di cambiare tattica. Un privilegio che di solito spetta agli attaccanti. O al massimo ai trequartisti.

Il successo più grande di Chiellini, però, è stato un altro: trasformare un simbolo della Juventus in un simbolo di una Nazione intera. Un difensore non più da fischiare, ma da applaudire, un oggetto di vanto. Anche se solo per un torneo. La sua amicizia con Bonucci è diventata paradigmatica. Il baci sulla guancia a fine partita, gli abbracci indissolubili e reiterati, i selfie con la coppa sul letto hanno tramutato i due in una coppia perfetta per il piccolo schermo. Un duo di eroi poco super ma comunque speciali che presto rischia di essere diviso. A 37 anni Giorgio Chiellini è ancora il difensore più forte di questa Nazionale. Una circostanza che spiega le grandi qualità del singolo, ma anche i giganteschi problemi di un movimento alle prese con il ricambio generazionale. Il Mondiale dista 16 mesi. Un traguardo che forse troppo lontano per un giocatore che dà segni di logoramento. "Io in Qatar? Andiamo piano, è già tanto se riesco a correre domani", ha detto dopo aver sollevato la Coppa al cielo di Londra. Una frase che suona come un allarme rosso. "Non vi preoccupate, andiamo in vacanza insieme, lo convinco io", ha aggiunto subito Bonucci. Forse il suo erede può ancora aspettare. O almeno così spera una Nazione. Anzi, una Nazionale.

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