Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

Diritti, doveri e voti

“La mediazione sul ddl Zan è un passo in avanti, non indietro”. Parla Scalfarotto

Ivan Scalfarotto

La legge giusta è quella che i numeri in Parlamento. Il deputato di Italia viva ci spiega il compromesso possibile. “Ora la Lega ci starà?”

Faccio l’ennesimo coming out: sono un laicista e un relativista, non credo in alcuna divinità, penso che ciascuno di noi debba avere la totale libertà di autodeterminare il destino suo proprio e del proprio corpo con il solo limite della libertà degli altri. Credo nella responsabilità individuale, nel fatto che debba essere ogni cittadina o cittadino adulto a dover e poter decidere di sé, non lo stato, perché alla fine siamo solo noi che raccogliamo i frutti o paghiamo il prezzo delle nostre scelte.

 

Sono per questo a favore di leggi massimamente liberali su tutti i temi legati alla vita, al nostro privato e al trattamento del nostro corpo: favorevole al divorzio istantaneo, all’aborto, all’eutanasia, al suicidio assistito, al matrimonio tra persone dello stesso sesso, all’adozione da parte di coppie omosessuali, alla gestazione per altri, alla liberalizzazione delle droghe. Tutto a condizione che chi decide di sé lo faccia nell’espressione della propria libertà, senza condizionamenti né da parte di altri né di fattori esterni quali il bisogno economico.

 

Sono omosessuale, sono unito civilmente e non mi spiego per quale motivo la Repubblica di cui sono cittadino si ostini a non capire che il mio è un matrimonio come gli altri. Non ho figli perché non ho alcun istinto paterno, ma credo che mio marito e io saremmo stati potenzialmente buoni genitori: mediamente né migliori né peggiori di qualsiasi coppia eterosessuale, e non capisco come l’ordinamento dello stato si arroghi il diritto di stabilire a priori che una coppia eterosessuale avrebbe automaticamente garantito a un bambino una crescita più serena, equilibrata e circondata di affetto di quella che avrebbe ricevuto a casa nostra.

 

Dico tutto questo per spiegare che la mia massima aspirazione sarebbe di vivere in un’Italia “olandesizzata”, uno di quei posti dove si lavora per spingere sempre più avanti e sempre più in alto l’asticella delle libertà individuali. Fosse per me, le leggi italiane sarebbero sempre le più avanzate e aperte del mondo.

 

Posto che questo è il mio sistema di valori, ho dovuto (specie da legislatore) venire presto a confrontarmi con la realtà di uno che la sorte ha voluto nascesse a Pescara e non a Delft e a chiedermi quale fosse il sistema migliore per far avanzare in Italia la condizione di tutte quelle persone che purtroppo non hanno né i diritti che avrebbero in Olanda e nemmeno quelli della cattolicissima cugina Spagna. E rapidamente ho capito che l’unica possibilità di farcela era quella dell’avanzamento progressivo delle libertà. Che tutti i passi in avanti che abbiamo fatto in Italia sono stati dovuti a leggi forse imperfette, ma che hanno cambiato in profondità il nostro paese. Certo, mai in modo rivoluzionario. Ma se oggi siamo un paese più moderno e più aperto, al punto di poter essere io tranquillo che se mi venisse un colpo sarebbe Federico a decidere di me, lo dobbiamo a chi con pazienza si è fatto carico di portare a casa tutto ciò che si poteva in quel determinato momento. Abbiamo approvato un sacco di leggi imperfette: un divorzio che richiedeva sette (!) anni di separazione legale, una legge sull’aborto con il cavallo di Troia dell’obiezione di coscienza, una legge sulle unioni civili che ancora in qualche modo discrimina tra famiglie etero e gay. Bisogna ringraziare chi ha evitato la trappola del “meglio nessuna legge che questa legge”, che alla fine tristemente ti lascia sempre senza nessuna legge.

 

La situazione con il ddl Zan è di nuovo questa: se aspirare a una legge secondo me molto ben scritta con il rischio concreto che non sia approvata, o se provare a portare a casa una norma che protegga efficacemente persone lesbiche, gay, bisessuali e trans dall’odio, dalla violenza o dalla discriminazione. Dico subito che sono sempre stato molto scettico sulla volontà della Lega, nonostante gli annunci, di trovare un compromesso accettabile. Il dubbio che un partito che tiene bordone a un Orbán – l’autore di un’oscena legge omofoba, vergogna dell’Europa – non abbia alcuna intenzione di approvare una legge siffatta è del tutto legittimo. Ma, anche stanti i miei dubbi, vedremo presto se la dichiarata volontà di approvare la legge “anche domani” fosse un bluff oppure no.

 

Il punto di mediazione offerto a tutte le forze politiche da Davide Faraone, con la formula presa in prestito dal mio disegno di legge (firmato anche dallo stesso Alessandro Zan e da persone certamente attente ai diritti come Barbara Pollastrini, Lele Fiano e Matteo Orfini, senza dimenticare la presidente Serracchiani) non modifica in alcun modo la portata di garanzia della legge: passare dalle parole “fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere” alle parole “fondati sull’omofobia e la transfobia” non modifica minimamamente – anzi, potrebbe forse addirittura allargare – la protezione di tutte le persone omosessuali e trans dai crimini d’odio. Si rinuncia a veder scritte in una legge le espressioni “orientamento sessuale e identità di genere”, certo. E questa è certamente una lacuna per chi la pensa come me: per dirla con Moretti “le parole sono importanti”.

 

Però qui dobbiamo decidere se abbracciare una rilevante questione ideologica a costo di non avere una legge e di lasciare ancora senza protezione le tantissime persone che su un autobus o per strada, a scuola o al lavoro, vengono fatte oggetto di violenza, verbale e fisica. Nel 2013 la Camera approvò un’altra legge contro l’omotransfobia, che il Senato non esaminò mai. Era una legge che il mondo lgbt trovò troppo permissiva e il mondo cattolico troppo severa, con il risultato paradossale che nelle piazze italiane i due mondi si fronteggiavano guardandosi in cagnesco, nonostante di fatto fossero alleati nella battaglia contro la stessa legge, che rifiutavano per motivi opposti. In questi otto anni, una moltitudine di persone hanno subito intolleranza, discriminazione e violenza in assenza di norme che le tutelassero. Non possiamo permetterci di farle aspettare ancora.

 

Ivan Scalfarotto,
deputato di Italia viva

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