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editoriali

Il Papa, l'accoglienza e la libertà

Redazione

Sbaglia chi esalta la lettera sulla comunità lgbtq contro la nota sul ddl Zan

Chi siamo noi per titolare? Si potrebbe dire così, se si volesse scherzare sul rapido dietrofront che molti giornali, e il solito profluvio sui social, hanno operato nei confronti di Papa Francesco dopo che è stata resa nota  la lettera inviata al sacerdote gesuita James Martin, in cui Bergoglio esprime sostegno al suo lavoro di “accompagnamento” della comunità lgbtq. Si veniva da giorni di critiche feroci (e anche di forti imbarazzi per quell’area laica e di sinistra che aveva sempre esaltato il Papa del “chi sono io per giudicare?”) per la “Nota verbale” inviata dal Vaticano allo stato italiano a proposito del ddl Zan, evidentemente approvata dal Pontefice. Ma come? Il Papa che prometteva (o almeno in molti così hanno sempre voluto pensare) di modificare la dottrina della chiesa in fatto di comportamenti sessuali e diritti, adesso va all’attacco della legge che punisce l’omofobia?

Poi è giunta la lettera, che padre Martin ha reso nota su Twitter: “Dio si avvicina con amore a ognuno dei suoi figli, a tutti e a ognuno di loro… Tu sei un sacerdote per tutti e tutte, come Dio è Padre di tutti e tutte. Prego per te affinché tu possa continuare in questo modo, essendo vicino, compassionevole e con molta tenerezza”. E se in molti hanno tirato un sospiro di sollievo (ah, rieccolo il Papa che ci piace troppo), qualcuno, in qualche commento, è rimasto con un dubbio sospeso: quale sarà il “vero” Bergoglio?

La realtà è semplice da comprendere, ma per un certo pensiero laicista è difficile da digerire. La lettera a padre Martin parla di pastorale, e di come la chiesa si debba rapportare con accoglienza e il massimo rispetto a ogni persona. La Nota vaticana – ma sarebbe sbagliato nascondere le molte e nette prese di posizione di Bergoglio in tema – riguarda un punto diverso: la libertà di pensiero e di espressione, quindi anche di dissenso, sul piano delle idee e delle posizioni morali e culturali. Che va difesa in ogni ordinamento che si voglia dire democratico. Non riguarda solo la chiesa cattolica, ma forse per certe visioni ideologiche è proprio questa distinzione che risulta più indigesta.

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