editoriali
Magistrati e politica: meglio tacere
Il Pd non ha il cv giusto per moraleggiare sui magistrati candidati dalla destra
Enrico Letta critica il centrodestra per la candidatura di magistrati a Napoli e a Roma. Osserva che nell’esercizio delle loro funzioni possono aver avuto conoscenza di dati sensibili delle zone in cui si candidano. Replica Giorgia Meloni ricordando i magistrati che sono stati candidati ed eletti nelle giunte di sinistra, da Michele Emiliano a Luigi de Magistris a Antonio Ingroia. Hanno ragione e torto tutti e due. Se la legge permette di candidare magistrati anche nelle zone in cui hanno operato questo vale per la destra come per la sinistra. Se una legge che delimiti l’elettorato passivo dei magistrati non c’è, è colpa sia della destra sia della sinistra. Tradizionalmente si può dire che la primogenitura spetti alla sinistra, ma che ora la destra la imiti non è certo ragione di soddisfazione. Naturalmente si tratta di una questione delicata: limitare un diritto costituzionalmente garantito come l’eleggibilità si può fare solo sulla base di solide ragioni oggettive.
Letta ne ha indicata una, la conoscenza di dati sensibili, che però non può essere generalizzata. Per esempio un magistrato che si occupa di diritto di famiglia conosce un certo tipo di dati, chi si occupa del controllo delle pubbliche amministrazioni ne conosce altri, evidentemente più contigui alle funzioni che eserciterebbe come sindaco o assessore. La complessità, che va ricordata per non cadere nella generalizzazione che è sempre nefasta, non giustifica l’inerzia della politica in questa materia. Invece di scambiarsi accuse dal sapore propagandistico, i leader dei partiti dovrebbero cercare soluzioni condivise (e costituzionali) a un problema esistente, altrimenti farebbero bene a tacere. Una delle ragioni della disistima per la politica sta proprio in questa abitudine a evocare temi reali al solo scopo di delegittimare gli avversari, invece che proporre soluzioni e costruire le alleanze necessarie per realizzarle. E anche questa volta sembra che le cose andranno così.
L'editoriale del direttore