Il cantiere delle riforme

Così l'ostruzionismo di Franceschini sul Recovery spaventa Palazzo Chigi

Valerio Valentini

Autorizzazioni, soprintendenze, norme accantonate. Draghi vuole inviare il decreto "Semplificazioni" a Bruxelles in settimana. Ma i suoi tecnici si scontrano con le resistenze del ministero della Cultura. Il giallo della commissione mai nata. Zuffe in corso

Nella Puglia di Michele Emiliano, che in quanto a estrosità sa farsi valere, è sorto forse il più curioso, tra i conflitti noti intorno alla tutela ambientale: la salvaguardia del tratturo magno. Non la via in sé, s’intende: ma la visuale che, chi ripercorre il sentiero che i pastori abruzzesi battevano lungo l’Adriatico selvaggio per portare le greggi giù nel Tavoliere, deve potersi gustare. Niente pale eoliche,  lì nei paraggi. Anche quando i paraggi sono distanti chilometri. Perché, oltre alle aree vincolate, ci sono pure le “aree contermini”: ennesima diavoleria partorita dal ministero della Cultura per complicare quel che si vorrebbe semplificare, e cioè le norme per realizzare i progetti del Recovery plan.

 

Si capisce, allora, perché a Palazzo Chigi siano abbastanza preoccupati delle zuffe che, a ridosso della scadenza imposta da Mario Draghi, si potranno innescare intorno al Pnrr. Perché il premier, prima di volare alla volta di Parigi per il vertice  internazionale sulle economie africane organizzato da Emmanuel Macron, ha ribadito il suo imperativo: entro la fine della settimana Bruxelles deve ricevere non solo la bozza del decreto “Governance”, già di fatto definita, ma anche quella sulle semplificazioni. E siccome nel frattempo bisognerà anche capire come e dove inserire i quaranta articoli redatti da Renato Brunetta per il suo piano straordinario di assunzioni, e in più - tra oggi e domani - andrà convocato il Cdm per licenziare il “Sostegni bis”, diventa chiaro che  nello staff di Draghi, così come in quello che assiste il ministro dell’Economia Daniele Franco, temono qualsiasi intoppo come un rischio esiziale per il rispetto della tabella di marcia.

 

E dunque si capisce anche perché, di fronte a questo ingorgo, le consuete resistenze opposte alla stesura del decreto “Semplificazioni” da parte dei tecnici di Dario Franceschini, inneschino le baruffe tra capi di gabinetto e uffici legislativi dei vari ministeri coinvolti. Enrico Giovannini, ad esempio, per evitare che i cantieri per le sue infrastrutture s’impantanino nelle canoniche pastoie, ha proposto di estendere il potere decisionale del suo Consiglio superiore per i Lavori pubblici: ma sono poche le opere coinvolte nel Pnrr che potranno passare di lì, e pochissime quelle che riguardano la transizione ambientale (che da sola vale oltre 55 miliardi). Per quelle si dovrebbe ricorrere alla Commissione tecnica Pniec, introdotta insieme al Piano nazionale integrato di energia e clima col precedente decreto “Semplificazioni”, quello varato dal BisConte a luglio 2020. Solo che anche in quel caso, il Mibact s’è messo di traverso, e i decreti attuativi per avviare i lavori della commissione s’è dimenticato di farli.

 

S’è affrettato, però, a chiedere alle amministrazioni regionali di fornire un elenco di “aree idonee”: le uniche, cioè, all’interno delle quali le procedure semplificate previste dal decreto per agevolare l’apertura dei cantieri potessero valere. E siccome le soprintendenze brillano per zelo, in molti territori si è arrivati a indicare anche le “aree contermini”, cioè quelle limitrofe ai beni da tutelare. Che sono in molti luoghi quelle in cui, secondo i progetti licenziati dai ministri Roberto Cingolani e Vittorio Colao, dovrebbero essere installati nuovi impianti per energie rinnovabili e banda ultra larga. E il paradosso non si ferma qui. Perché in alcuni casi queste restrizioni non rischiano solo di bloccare l’insediamento di nuove strutture: ma addirittura la semplice sostituzione delle vecchie pale eoliche con le nuove richiederebbe, secondo i tecnici del ministero della Cultura, delle nuove valutazioni di impatto ambientale. Una palude, insomma, in cui i signori delle soprintendenze vorrebbero comunque essere gli unici a sapersi destreggiare: e infatti nelle bozze del nuovo decreto “Semplificazioni” c’è finita anche una postilla in base alla quale, anche in seguito al pronunciamento favorevole della costituenda Commissione tecnica Pniec, sarebbe comunque necessario l’avallo finale del ministero, e in mancanza di quello dovrebbe esprimersi il Cdm. Sempre che prima non intervenga Draghi, a stralciare certi cavilli.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.