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Draghi riapre l'Italia, ma guarda all'Europa. Entro venerdì le riforme a Bruxelles

Giorgetti sbuffa, Salvini scalpita. Ma la cabina di regia si risolve senza troppe baruffe. L'attenzione del premier è tutta concentrata sul Recovery

Valerio Valentini

Il premier delinea la tabella sulla ripartenza. E chiede di accelerare sulla governance del Pnrr e dl "Semplificazioni". Le bozze dei due decreti andranno inviate alla Commissione europea in settimana, ma restano le tensioni politiche tra i ministeri

A Bruxelles andranno inviati entrambi. Ed entrambi  questa settimana. Non solo il decreto sulla governance, che a Palazzo Chigi, d’intesa col Mef, avevano di fatto già definito lavorando con riserbo operoso. Ma anche quello sulle semplificazioni, che invece con più difficoltà lo staff del premier sta tenendo al riparo dalle tensioni politiche. Però la tabella di marcia è fissata, ormai: Mario Draghi vuole che entro venerdì la Commissione  riceva le bozze dei due provvedimenti. E forse anche per questo ieri ha tirato un sospiro di sollievo quando ha capito che, sulle riaperture, si era evitata la zuffa.

 

L’unica obiezione è stato Giancarlo Giorgetti a porla. “Perché non togliamo da subito il coprifuoco?”, ha detto il capo delegazione leghista durante la cabina di regia a Palazzo Chigi. Ma l’ha fatto col tono di chi deve rispettare la parte che la commedia gli assegna, fedele alla linea del Salvini scalpitante. E infatti quando i vertici del Cts, Franco Locatelli e Silvio Brusaferro, gli hanno fatto notare che “le forzature sarebbero poco utili, visto che si va verso un’Italia a zona bianca”, e dunque senza alcuna limitazione d’orario particolare, anche il ministro dello Sviluppo ha alzato le mani. In verità, in zona bianca saranno tre regioni dal primo giugno (Friuli, Molise e Sardegna) e altre tre dalla settimana successiva (Abruzzo, Veneto e Liguria), ma non è escluso che se ne aggiungano delle altre subito dopo. Su tutto il territorio nazionale, il coprifuoco slitta alle 23 dall’entrata in vigore del decreto, viene posticipato alla mezzanotte dal 7 giugno e scompare dal 21. Da sabato prossimo riaprono i centri commerciali nei weekend e gli impianti di risalita in montagna, a inizio giugno si potrà tornare a mangiare nei ristoranti anche al chiuso. E poi, gradualmente, feste e centri termali, eventi sportivi e piscine al chiuso: tutto secondo un calendario improntato a quella cautela ragionevole che ha sempre indirizzato il lavoro di Draghi.

 

Inevitabile, allora, la soddisfazione di Enrico Letta e quella di Roberto Speranza; ed è seguendo il canovaccio classico che Salvini, buon viso a cattivo gioco, faccia sapere di apprezzare le novità, ma ci tenga a rilanciare la palla più in là. Il capo dl Carroccio riunisce lo stato maggiore del partito al termine della cabina di regia, e pur rinunciando a dare mandato ai suoi ministri d’impuntarsi nel Cdm della sera, dice  che  “su alcuni fronti dalle piscine al chiuso ai matrimoni e alle discoteche, lavoreremo per anticipare le riaperture”.

 

Rumore di fondo, per Draghi. Il quale sa che la partita più decisiva, e più complessa, resta quella sul Pnrr. Il disegno della governance  è stato tracciato. Sarà una cabina di regia a geometria variabile, che riunirà, attorno al titolare dell’Economia e al presidente del Consiglio, i ministri di volta in volta interessati ai vari progetti. A questa andrà collegato anche il piano di assunzioni straordinario, perché è attraverso il reclutamento a tempo determinato di giovani professionisti che si andranno a comporre le varie task force, da destinare alle strutture dei ministeri e degli enti locali che fungeranno da soggetti attuatori dei progetti.

 

Ma la vera insidia, al momento, resta quella del dl “Semplificazioni”. A Palazzo Chigi si discute in queste ore sull’opportunità di inviare a Bruxelles una bozza del decreto o magari una semplice relazione, che ampli e approfondisca il capitolo dedicato a provvedimento che era stato inserito nel Pnrr, ma senza azzardare un brogliaccio dell’articolato, visto che i nodi da risolvere sono ancora parecchi. Se è infatti stabilito che molte delle misure contenute (comprese quelle sul depotenziamento dei reati di danno erariale e abuso d’ufficio) nel vecchio Semplificazioni, quello del BisConte, verranno prorogate almeno fino al 2023, e che la riforma complessiva del Codice degli appalti verrà rimandata a una legge delega su cui discuterà il Parlamento, resta da sbrogliare la matassa sulla semplificazione delle autorizzazioni che i ministeri dell’Ambiente e della Cultura, nella solita babele di Via e pareri delle soprintendenze, devono concedere. E’ una materia che ha ricadute sulla gran parte dei progetti, da quelli sul Superbonus (che attrae 18 miliardi), a quelli sulla banda ultra larga e la transizione ecologica, col paradosso tutto italiano per cui alcuni lavori per l’installazione di impianti rinnovabili vengono bloccati per cavilli sull’impatto ambientale delle infrastrutture. Un’accelerazione dei tempi sulla risoluzione di queste controversie, tecniche e politiche insieme, indurrebbe a cercare nella stesura del dl “Semplificazioni” dei compromessi che – dalle bozze che girano – appaiono forse un po’ troppo al ribasso. E questo sì, che preoccupa Draghi.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.