La posa dei liberali per la Ducia

Giuliano Ferrara

L’opposizione tra i liberali si porta, è un fatto metodologico, e la metodologia per loro non è la scienza dei nullatenenti: è il succo vitale dell’analisi. Orsina, GdL e la bizzarra passione per Meloni

A ciascuno la sua Ducia. Nel mio cuore resterà sempre Mussolini, nel senso di Alessandra, la nipotissima di Sophia sempre infuriata con il drago Storace. Ora però si porta Meloni, nel senso di Giorgia. Più composta, appena meno fisherwoman style, ma dotata anch’essa di un lato umano testimoniato dall’autobiografia, la solita pappa: “La mia vita i miei amori”. Ultimo arrivato tra i liberali, che spesso da noi sono il sismografo accademico delle tribolazioni politiche, il professor Orsina. Ha fatto in tempo a magnificare le “mirabili intuizioni politiche” del Truce giusto prima del Papeete, ma ora raggiunge Galli della Loggia, principe di questo tipo di volata, nell’apologia di una destra sovranista che è destra storica, pronta al salto, appunto, nel liberalismo, naturalmente nella funzione possibile di presidente del Consiglio. Perché no?, si domanda Orsina sulla Stampa.

 

Meloni non è del tutto antipatica. Tanto prosperosa e diva la nipotissima, tanto minuta e fiera l’impresaria di Atreju, che addolcisce sovranismo cosiddetto e odio verso l’immigrazione (voleva affondare le navi, nei momenti più accesi di enfasi televisiva) con la sottocultura del famoso blockbuster di Michael Ende, dove un nativo illustra wagnerismi e tolkienismi fantasy nel paese amato dai liberali al Barolo e in genere dai politologi, Fantàsia con l’accento sulla seconda a. Nella vita ne ha combinata qualcuna come ministro per la Gioventù, bizzarria istituzionale del regime democratico, e incalzante presenza nei talk-show, fino a scippare l’incipit dell’inno nazionale per fondare un partito di matrice “neo” (di che non si dice) sulle ceneri del finismo, che aveva cominciato lasciando la casa del padre a Fiuggi e si era insediato in quella di Montecarlo. Qualcuna l’avrà anche azzeccata, con tutti quei voti ora proiettati dai sondaggi sull’unico partito di opposizione al governo dei migliori, e la competizione con il senatore Salvini va ascritta a merito di Meloni senz’altro

 

Come curriculum per la presidenza del Consiglio, a parte il dettaglio del consenso eccitato, che avrebbe meritato il posto a Luigi Di Maio, per dire, non c’è molto altro. Non si conoscono se non ondivaghe e vaghe proposte di assetto istituzionale, una filosofia riformatrice della giustizia, non è tracciabile una cultura economico-sociale al di là del richiamo della foresta verbale del populismo di maniera, in materia di europolitica tutto è piuttosto improvvisato e, come per il competitor Salvini, trasfigurato dall’oggi al domani.


Anche come classe dirigente d’accompagno, se prescindiamo dal buon ’Gnaziu La Russa, finora al lavoro si è visto più che altro un cognato di lei che giganteggia nel pastone e porta il nome rassicurante di Lollobrigida. Probabilmente c’è di più, ma non forse tanto di più, per quanto quel che c’è basti e avanzi per investiture che non perdono, per il fatto di ripetersi sistemicamente e ciclicamente, un loro sapore vagamente opportunistico. L’opposizione a Draghi è per finta, e non così mobilitante, ma l’opposizione tra i liberali si porta, non è decisivo in chi s’incarni, è un fatto metodologico, e la metodologia per loro non è la scienza dei nullatenenti, è il succo vitale dell’analisi. 

 

Il tipo è insistente, forse questo è perfino un pregio. Spinge, sgomita, vuol farsi apprezzare, si propone come scelta per gli italiani, the italians, e ha un’andatura postmoderna, non porta le ghette, non organizza squadre, la sua xenofobia ha tratti ormai addirittura moderati, non esagera nel commercio di immaginette e non agita il rosario come una minaccia, non marcia né minaccia un uso violento del potere, perché Meloni è alla fine una che subisce il ricatto della razionalità, dell’equilibrio e perfino dell’accomodamento. Potrebbe ricevere l’inutile ma confortante investitura d’opinione da generici post longanesiani come noi, ma come mai è già in assoluto la diva o la Ducia più adorata e ricercata dalle migliori menti del liberalismo ortodosso? Mistero.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.