(foto Ansa)

l'intervista

Titti Di Salvo (Pd) ci spiega perché ha molti dubbi sul ddl Zan

Annalisa Chirico

"Il sospetto che qualcuno voglia alimentare lo scontro in maggioranza c'è. E poi è un errore inserire le donne nelle categorie da tutelare", ci dice l'ex parlamentare

“Una legge serve, è un fatto di civiltà, ma deve essere una buona legge”, parla così al Foglio Titti Di Salvo, donna di sinistra, sindacalista e parlamentare fino al 2018, prima in Sel e poi nel Pd. “Chi come me solleva obiezioni sul testo Zan è mosso da un unico obiettivo: migliorare la legge perché sia una buona legge. Il nostro paese deve dotarsi di una normativa specifica contro la transomofobia, la attendiamo da venticinque anni. Mi chiedo tuttavia perché il testo sia stato calendarizzato soltanto ora”.

In effetti, dopo l’approvazione alla Camera, il testo è giunto in Senato lo scorso novembre ma la sinistra si è accorta ora dell’urgenza. Si rischia così di innalzare la tensione tra i partiti di maggioranza? “Il sospetto che qualcuno voglia alimentare lo scontro c’è ma soltanto dall’interno si possono decrittare certe dinamiche parlamentari. Io vorrei soffermarmi sul merito: in primo luogo, ritengo un errore politico e giuridico inserire le donne tra le categorie da tutelare, insieme a omo, transessuali e disabili. E’ un errore perché, come spiega bene la convenzione di Istanbul, sottoscritta anche dall’Italia, la radice dell’odio contro le donne differisce dal caso degli omosessuali e ha a che fare piuttosto con il desiderio di possesso e di soggezione, con la volontà di piegare l’autonomia e la libertà femminile. E poi le donne non vanno trattate come una minoranza: siamo la maggioranza. Questa rappresentazione ci fa fare un enorme passo indietro”.

Con l’estensione della legge Mancino, si rischia di trasformare un diritto, il libero pensiero, in un reato? “Credo che a questa esigenza abbia risposto l’emendamento Sisto, di Forza Italia, che ha introdotto la cosiddetta clausola salva-idee a tutela della libertà di espressione”. Da donna lei condivide la definizione di “identità di genere” presente nel ddl? Nel tentativo di annullare le differenze tra uomo e donna, rischiamo di creare situazioni problematiche come i detenuti maschi reclusi nei reparti femminili o gli utenti maschi di una palestra abilitati a condividere gli spogliatoi riservati alle donne? “Glielo dico chiaramente: io sono nata e cresciuta nella cultura della differenza, per me la lotta contro le discriminazioni ha un senso proprio perché punta a valorizzare ciò che ci rende diversi, non uguali. La pretesa di inserire in una norma penale il tema complesso della fluidità non aiuta la causa di chi vive una condizione di sofferenza. Lo ribadisce la convenzione di Istanbul: contro le discriminazioni non bastano le leggi ma servono azioni di sistema e percorsi educativi volti ad affermare il rispetto tra le persone”.

 

Com’è noto, il ddl Zan ha sollevato aspre critiche anche all’interno di organizzazioni lgbt e tra le pensatrici femministe più esposte nell’agorà pubblica. La professoressa Ingrid Salvatore insegna Filosofia politica all’Università di Salerno, è tra le massime esperte italiane di studi di genere e sul tema la mette giù così: “In una società libera la proibizione delle idee resta problematica anche quando le idee sono repellenti. Stando al testo del ddl Zan, l’estensione della legge Mancino ai casi di discriminazione omofoba non comprometterebbe la libera manifestazione di convincimenti e opinioni ma in questo modo evidentemente si lascia al giudice stabilire che cosa debba mettersi in conto al pluralismo delle idee e che cosa sia espressione di odio. Io non sono contraria all’approvazione di una legge contro la discriminazione, purché si tenga conto che tali interventi hanno lo scopo di proteggere diritti di gruppo, e perciò le norme vanno limate con particolare attenzione. Discriminare qualcuno è cosa diversa dal compiere un atto violento, viene allora da chiedersi perché dovremmo consentire che uccidere una persona gay in quanto gay sia più grave che uccidere una persona gay perché è lei. L’io sociologico prende il sopravvento: chi compie atti simili non è mosso realmente da odio, non ha opinioni ragionate. Il più delle volte all’origine di comportamenti omofobi, razzisti, sessisti vi è ignoranza, frustrazione, senso di minaccia. Se avessimo scuole migliori, se le persone fossero più istruite, l’omosessualità non sarebbe un problema”. 

Di più su questi argomenti: