L'intervista

"Oltre il dehors serve l'estroversione delle città. Pedonalizzazione e tetti abitabili". Parla Stefano Boeri

"Sarà l'età delle città arcipelago come Londra e Parigi. Giusto il rischio di Draghi"

Carmelo Caruso

"Non solo dehors. Serve chiudere quartieri e fare delle strade le nostre stanze. L'auto è un costo che non deve essere addebitato alla città. Per la prima volta anche il commercio spingerà per chiudere il traffico". Parla l'architetto del Bosco Verticale di Milano

Roma. Vivremo all’aperto come nella Genesi e il dehors sarà il nostro paradiso ritrovato? “E’ questo il momento del coraggio. Non sarà il dehors che ci libererà dalla pandemia ma abbiamo un’occasione irripetibile: aprire spazi, chiudere strade per farle diventare le nostre nuove stanze. E’ l’età della città estroversa”. Il 26 aprile, il giorno del “rischio ragionato”, Stefano Boeri dove sarà? “Alla Triennale, a Milano. Tutto ciò che sta dentro sarà portato all’esterno. Nel giardino. Bar, mostre, spettacoli teatrali. Lo abbiamo già sperimentato l’anno scorso e lo ripeteremo anche quest’anno”. Sarà insomma la sua epoca, quella del “bosco verticale”, l’età della botanica e ancora quella del jazz, o sarà solo un modo per accontentare i ristoratori che potranno riaprire e smettere di protestare? “Per la prima volta saranno loro, sarà il mondo del commercio, quel mondo che storicamente ha sempre frenato la pedonalizzazione, a far nascere la città arcipelago”. Mario Draghi che introduce la categoria del “rischio buono” le è piaciuto? “Mi è piaciuto perché la sua è una decisione politica. Cosa c’è di più politico del rischio?”.

 

C’è un architetto che chi non è italiano ci invidia insieme al suo “bosco” che più si arrampica e più si libera e che ha liberato Milano dalla dittatura del grigio, dal mattone cotto, che adesso è il colore dell’arbusto e non più, e solo, quello di Sant’Ambrogio. E lei? Si è finalmente liberato dal Covid? “Ho cominciato a respirare meglio. E’ stato difficile”. Si è contagiato pure Boeri che è professore ordinario del Politecnico di Milano, l’architetto del verde ossigeno, il presidente della Triennale, il milanese che sa sorridere e che cammina con il naso all’insù. Dice infatti che nella città di domani si scommetterà sul cielo “dove forse un giorno si scambieranno pure le merci”.

 

A Tirana, con il suo studio Stefano Boeri Architetti sta lavorando su un quartiere post pandemico e sui Navigli sarà invece Torre Botanica: ogni piano con una fioritura diversa (1.700 metri di vegetazione) e dunque nessun piano avrà lo stesso colore. Il dehors, il patio, il tetto. La nostra libertà sarà salvata da una tegola? Brigitte Bardot sul tetto (il film Le Mépris) si scopriva ed era liberazione sessuale … “E noi presto li renderemo abitabili. L’anno scorso gli italiani hanno scoperto la terrazza e piano piano ci stiamo riappropriando dei cortili. Sono spazi semi pubblici che sono tornati a causa del virus”. A Catania è il balcone, a Napoli l’isolato, mentre a Milano la ringhiera. Che film e libri le fanno tornare in mente? “Senza dubbio quelli di Godard, i libri di Le Corbusier e l’odore di Marsiglia”. E ci sono anche i quadri di Chagall che dilatava la tela per lasciare volare i suoi manichini. E’ pronto a questa città che sale? “La domanda è un’altra: l’Italia è pronta? In Francia si stanno pedonalizzando gli Champs-Elysées. Saranno due chilometri di giardino. Pensate come sarebbe Roma con via Veneto pedonalizzata e verde”.

 

Per un anno si è ripetuto che l’unico modo per salvarci era chiuderci dentro e oggi si spiega che il solo modo per ricominciare è stare fuori. Scoperchiamo gli appartamenti? “E se invece facessimo come Londra? Oxford Street è diventata una strada chiusa al traffico. Si comincia a ragionare su isole limitate, arcipelago. Era l’idea di Louis Kahn. Le strade possono essere stanze per la comunità. L’auto è sempre più un costo che non si può addebitare alle città”.

 

Boeri le chiama “lamiere arroventate” e dice che alla fine sarà il virus a farle superare. “Ogni grande crisi è una crisi dello spazio pubblico. Nel 2001 il terrorismo ha cambiato il nostro modo di muoverci. Quella finanziaria ha portato in scena la povertà che non è più la povertà delle periferie. E poi c’è questa. Combatteremo le polveri sottili perché aggrediscono i nostri polmoni e punteremo sul verde”. Ancora il verde? “A New York, il Central Park nasce da un progetto di Frederick Law Olmested. Usciva dall’ esperienza del colera e per questo comprendeva la necessità di un parco che di fatto ha tolto spazio ai grattacieli. Quello che voglio dire è che spesso le crisi sanitarie ci impongono scelte coraggiose”.

 

Milano è pronta a piantare tre milioni di alberi entro il 2030. Non è lei il presidente di del comitato scientifico di questo progetto Forestami? “Lo sono e ci credo tantissimo”. Non si rischia il verde come inflazione? “Quello è l’inverdimento superficiale. Sono il primo a dire che non basta dire piantiamo gli alberi. Richiede conoscenza e cura. La botanica sarà una scienza decisiva”. Il bosco verticale, le torri botaniche. Hai mai pensato di fare il leader dei Verdi italiani? “Mando avanti Beppe Sala, ma se mi date una mano …”.

 

 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio