I malumori del truce

I quattro giorni di aprile a cui Salvini dovrà aggrapparsi per le riaperture

Valerio Valentini

Voleva un intero mese senza misure di contenimento per il Covid. Poi è entrato in conflitto coi suoi ministri e s'è accontentato di "una finestra di giallo". Ora il capo della Lega dovrà combattere per ottenere un allentamento tra il 24 e il 30 aprile 

In principio fu aprile, tutto intero. “Basta con questo sequestro di persona”, tuonava Matteo Salvini a fine marzo, invocando l’allentamento immediato delle restrizioni. Poi, per non smentire la bontà di una mediazione che i suoi stessi ministri benedivano in Cdm, il capo della Lega si rassegnò a fare buon viso a cattivo gioco: “La possibilità di disporre zone gialle nel corso di aprile è una nostra vittoria”. Diceva "dopo Pasqua", quindi parlava della metà del mese. Poi s’è indicata il 20 come la data per le famigerate “riaperture”.

Solo che, calendario alla mano, restano solo due finestre a disposizione del Cdm. Ma per questo venerdì, quando arriveranno i dati del monitoraggio settimanale, pare già chiaro che la progressione delle vaccinazioni non consentirà alcuna reale svolta, se non  sulle scuole superiori. E a quel punto, non resterà che attendere il venerdì seguente: il 23. Se pure si decidesse di concedere il “giallo” alle regioni virtuose, una eventuale ordinanza in tal senso entrerebbe in vigore il lunedì seguente, il 26. Restano quattro giorni di aprile, per Salvini, da poter sventolare. Sempre che a quel punto, tra la Liberazione e il Primo maggio, non appaia un azzardo “riaprire”. 

Di più su questi argomenti:
  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.