(Lapresse)

Ritardi, risposte, futuro. E Draghi. Intervista a Letizia Moratti

Annalisa Chirico

"Abbiamo avuto un disservizio legato alla piattaforma informatica. Ma sull’attività di vaccinazione vera e propria rivendichiamo con orgoglio il lavoro che stiamo portando avanti", dice la vicepresidente della regione Lombardia

Sulla sua scrivania madame Letizia Moratti, vicepresidente della regione Lombardia, tiene una copia de “L’economia della ciambella” di Kate Raworth e, tra una telefonata e una videocall, si ritaglia il tempo per una conversazione con il Foglio. “Diciamo la verità: l’Europa non ha brillato nell’approvvigionamento dei vaccini. Ho apprezzato l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito che gli stati non possono restare inermi di fronte agli impegni disattesi dalle aziende farmaceutiche e i vaccini prodotti in Europa devono restare prioritariamente a disposizione dei paesi membri”.

 

Presidente Moratti, neanche la Lombardia sta brillando nella vaccinazione. “Noi abbiamo avuto un disservizio legato alla piattaforma informatica. Sull’attività di vaccinazione vera e propria non soffriamo di complessi di inferiorità e rivendichiamo con orgoglio il lavoro che stiamo portando avanti. La media nazionale sulle vaccinazioni agli over 80 è attestata intorno al 48% e noi siamo al 55% degli aderenti. Abbiamo effettuato oltre un milione e 400 mila somministrazioni, completando tutto il personale sanitario, gli ospiti delle Rsa, le forze dell’ordine e oltre la metà del personale scolastico. Quanto alle dosi somministrate, il sito della presidenza del Consiglio indica per la Lombardia l’86 per cento”. Lei, da assessore al Welfare, si sente di dire che va tutto bene? “Io resto convinta che, se avremo disponibilità di vaccini e personale, riusciremo a completare la prima dose della vaccinazione massiva di 6,6 milioni di lombardi entro la fine di giugno”.

 

 

La Lombardia ha pagato il prezzo più alto in termini di vite umane: solo colpa del virus? “La prima ondata ha colto impreparato il mondo e la Lombardia che, anche a causa della densità demografica e della forte mobilità, ha pagato un prezzo altissimo con 16 mila morti nei primi tre mesi di pandemia, la metà dei decessi registrati nel paese. Poi però la sanità lombarda ha saputo reagire e la mortalità regionale è scesa al 25% del totale italiano durante la seconda ondata, per calare ancora all’11% nel corso della terza ondata, quella delle varianti. Ben al di sotto della quota di popolazione nazionale. Stiamo ancora pagando un prezzo alto e il conto che ci presenterà il Covid sarà salatissimo anche per quanto riguarda il tema sociale e l’economia. La Lombardia è un territorio con una popolazione pari a quella di un medio paese europeo, con industrie, attività, pendolari tra i lavoratori e gli studenti, frontalieri, ospedali, università, tre aeroporti”. Lei ha detto che intende rimediare a un modello sanitario “troppo ospedalocentrico”: come? “Io penso al rafforzamento della medicina territoriale nell’ottica della prevenzione e della capacità di medici di famiglia e pediatri di intercettare precocemente i segnali attraverso un rapporto diretto e continuato con i propri assistiti. Altrettanto importante sarà guardare alle opportunità della medicina personalizzata e della telemedicina. La Lombardia resta un punto di riferimento per la sanità italiana”.

 

 

Eppure il “modello lombardo” è finito sul banco degli imputati. “Le dico una cosa: nelle scorse settimane la rivista americana Newsweek, in una classifica di 108 strutture italiane, ha collocato nove ospedali lombardi ai primi quattordici posti, tre nei primi sei. Le critiche spesso nascono da un pregiudizio contro quella che era, è e rimane una sanità di eccellenza. Basti pensare ai circa 170mila italiani che vengono a curarsi negli ospedali lombardi. Di fronte all’arrivo delle varianti e alla loro incidenza sui contagi la Lombardia è stata la prima regione a mettere in campo un piano emergenziale in tempo reale e innovativo, con una strategia di contenimento e vaccinazione reattiva in alcuni comuni e nel territorio di cintura tra le province di Bergamo e Brescia. E’ stata un’azione tempestiva che ha portato ad un crollo dell’indice di contagio di addirittura trenta volte”.

 

 

Lei, dopo una lunga pausa, è tornata alla politica: ha voglia di guidare la rinascita lombarda? “Più che alla politica, sono tornata in un ruolo che mi vede impegnata in campo istituzionale, amministrativo. Ho risposto, per spirito di servizio, ad una richiesta del presidente Attilio Fontana. Sono consapevole delle difficoltà ma sono mossa dall’entusiasmo e dalla convinzione di mettere al servizio della mia regione competenze ed esperienza. Del resto, non mi preoccupo: sono abituata a concentrarmi sulle cose fatte e su quelle da fare”. Le piace il premier Draghi? “Lo conosco personalmente e ne apprezzo il pragmatismo, le competenze, la credibilità e l’autorevolezza che ha sempre avuto in Europa. Credo che la sua scelta per guidare l’Italia sia stata eccellente, le prime azioni del nuovo governo stanno dimostrando enorme attenzione verso i bisogni degli italiani”. A lei quando toccherà il vaccino? “Una volta terminata la campagna dedicata agli over 80, darò la mia adesione e attenderò il mio turno”.

 

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