Pechino reagisce contro l'Ue. La posizione del Pd

Dopo la pandemia e queste sanzioni “c'è una nuova consapevolezza sulla Cina”, ci dice Lia Quartapelle

Giulia Pompili

“Noi con le nostre sanzioni colpiamo funzionari dello stato, loro da una parte la rappresentanza popolare, e dall’altra professionisti che operano nel mondo della ricerca e dell’accademia. Questo sottolinea la distanza tra la concezione cinese del mondo e la nostra”

Le sanzioni cinesi contro l’Ue, sproporzionate e aggressive, segnano un prima e un dopo nei rapporti tra l’Unione europea e la Cina. “E’ la prima volta che vengono messe sanzioni da parte della Cina contro individui in Europa”, dice al Foglio Lia Quartapelle, responsabile Esteri del Partito democratico e membro della commissione Esteri della Camera. “Fa impressione la scelta degli individui, quella di colpire l’accademia, che nell’Ue è il luogo più libero, e il Parlamento, ma anche per esempio la figura della commissione Diritti umani. Noi con le nostre sanzioni colpiamo funzionari dello stato, loro da una parte la rappresentanza popolare, e dall’altra professionisti che operano nel mondo della ricerca e dell’accademia. Questo sottolinea la distanza tra la concezione cinese del mondo e la nostra”, dice Quartapelle. “Tuttavia, a me sembra che colpendo il mondo dell’accademia abbiano sostanzialmente confermato il  lavoro di analisi e ricerca di chi è stato sanzionato. E colpendo alcuni rappresentanti eletti, certi parlamentari che si sono espressi in modo critico nei confronti della Cina, in realtà hanno dato forza alle loro denunce”. 


Soprattutto in Italia, però, c’è una reticenza notevole tra gli accademici e i cosiddetti esperti di affari cinesi a dare dei giudizi critici, a prendere una posizione netta su certe questioni. Da un lato c’è l’ideologia anticinese, quella del “China Virus”, ma dall’altro l’incapacità di molti accademici di fare i conti con la Cina autoritaria di Xi Jinping: “E’ un tema che non ha solo a che fare con la Cina, ci sono vari casi di altri paesi, di corsi di studi e cattedre finanziate in collaborazione con governi stranieri. La prima cosa su cui interrogarci è se abbiamo eretto delle barriere per evitare che succeda. Non è un segreto che in Italia la sopravvivenza di alcuni dipartimenti sia anche garantita da finanziatori esterni, e su questo dobbiamo farci qualche domanda. Ci stiamo ponendo sufficientemente il problema della nostra indipendenza?”. 
In Francia stanno montando parecchie critiche contro Emmanuel Macron, e lo stesso nella Germania di Angela Merkel, per via dei passi avanti nei negoziati sul Comprehensive Agreement on Investment, l’accordo commerciale sugli investimenti con la Cina. A due anni dalla firma dell’Italia nella Via della Seta, qui il dibattito sembra sempre più o meno uguale. “In realtà c’è una nuova consapevolezza sulla Cina, e in parte il Covid l’ha favorita. Dopo un iniziale sbandamento, i cittadini e la politica hanno realizzato che c’è stata poca trasparenza, almeno nelle fasi iniziali, da parte di Pechino. Questo ha aiutato e aiuterà ad avere più consapevolezza sul tema”. 


In Europa, nel frattempo, alcuni spingono a un ripensamento dell’accordo tra Bruxelles e Pechino: “Non credo abbiano tutti i torti. Non è una ritorsione, è un ragionamento di carattere strategico. Se con la nuova Amministrazione Biden riusciamo a mettere dei paletti per rafforzare l’occidente, a rimettere in moto canali di comunicazione, dinamiche e risorse all’interno di un’alleanza, dovremmo ripensare parecchie cose”. Per esempio? “Significherebbe mettere in soffitta l’idea che l’evoluzione del capitalismo è la libertà. Noi abbiamo sempre detto che a forza di aperture a un certo punto ci arriveranno anche loro. Pure Angela Merkel non è pronta a questo, è profondamente convinta che prima o poi le istituzioni di mercato saranno in grado di influenzare l’evoluzione interna cinese, e in Europa pochi hanno il coraggio e la voglia di contrastare il modello Merkel con la Cina. Forse, quando lei non sarà più cancelliera, si aprirà uno spazio. Anche dentro l’Spd c’è molto dibattito su questo”. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.