L'altro orizzonte possibile

Draghi, il recovery, l'Europa: Italy is back

Claudio Cerasa

Sui vaccini è dura, la crescita non va e i contagi salgono. Ma essere ottimisti è possibile. Cinque ragioni utili per capire perché le stelle dell’Italia si sono finalmente allineate. Guida al rimbalzo che sarà

Per un paese come l’Italia, che ha uno dei debiti più alti dell’Eurozona, uno dei tassi di crescita più fiacchi d’Europa, un numero di vaccinati tra i più bassi del continente, un livello di contagi che aumenta a una velocità tale da costringere il governo a considerare di nuovo la chiusura delle scuole, provare a osservare il futuro indossando gli occhiali dell’ottimismo è un’operazione azzardata, spericolata, quasi da far tremare le gambe e che risulta difficile da compiere se si pensa a tutti i problemi che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi mesi, a partire per esempio dall’imminente sblocco dei licenziamenti. Eppure, se si sceglie di mettere da parte la stanchezza pandemica e se si sceglie di mettere da parte le difficoltà speriamo momentanee della campagna vaccinale, non si farà fatica a ritrovare un po’ di buon umore compiendo un’azione semplicemente razionale: allargare la nostra inquadratura per osservare il modo in cui, sopra il cielo dell’Italia, si sono improvvisamente allineate le stelle.

  

Non è facile essere ottimisti oggi, d’accordo, ma tra le molte ragioni per cui si può non essere pessimisti ce ne sono almeno cinque per cui si può provare a osservare il futuro con un po’ di speranza e con un po’ di fiducia.

 

La prima ragione di ottimismo, quasi di entusiasmo, riguarda la presenza sulla scena di una figura come Mario Draghi che nel peggiore dei casi sarà centrale della nostra politica per i prossimi due anni (da capo del governo) e che nel migliore dei casi potrebbe essere centrale per i prossimi otto anni (uno da capo del governo e sette da capo dello stato).

 

La seconda ragione di ottimismo, quasi di entusiasmo, riguarda la presenza sulla scena di un Recovery plan che dal momento in cui verrà consegnato alla Commissione europea, entro il prossimo 30 aprile, costringerà i governi che si andranno a succedere in Italia, nei sei anni successivi, a non poter cambiare praticamente una virgola dei progetti voluti da questa maggioranza (il vincolo esterno che diventa vincolo interno: niente male, no?).

  

La terza ragione di ottimismo, quasi di meraviglia, ha a che fare con la presenza nel nostro paese di quella che potremmo definire la variante italiana del populismo, grazie alla quale l’Italia, attraverso un rapido cambio di algoritmo, è diventata, anche agli occhi degli altri paesi europei, un modello di come le istituzioni del nostro paese siano sufficientemente forti da costringere il populismo a una formidabile regressione (tre anni fa tutti avvocati del popolo, tre anni dopo tutti avvocati del pensiero liberale).

 

La quarta ragione di ottimismo ha a che fare con un dato quasi sorprendente che riguarda la capacità di resistenza avuta negli ultimi mesi dall’Italia, che pur dovendo scontare una revisione al ribasso del pil per l’anno in corso (secondo Moody’s, a causa del rinnovo dei limiti a mobilità e imprese per l’aumento dei contagi, la crescita sarà al 3,7 per cento dal 5,6 stimato in precedenza) oggi ha alcune solide basi da cui ripartire: l’indice Pmi manifatturiero si è attestato a 56,9 punti, il livello più alto dell’ultimo triennio; nel trimestre novembre 2020-gennaio 2021 l’export, rispetto ai tre mesi precedenti, è cresciuto dell’1,8 per cento, con un aumento particolarmente sostenuto per l’energia (+27,7 per cento); il deficit del 2020 è stato molto alto (-9,5 per cento) ma è stato inferiore rispetto al deficit previsto dalla Nadef (che era -10,8 per cento). In tutta Europa, in realtà, l’economia è andata meno peggio del previsto, nel 2020, ma quando il rilancio vero arriverà, tra maggio e giugno, il rimbalzo dell’Italia, complice anche una ripresa del commercio internazionale favorita dalla fine della stagione dei dazi e la ripresa della Germania, potrebbe essere, con l’eccezione di alcuni settori, semplicemente impetuoso.

 

E questo dato ci porta ad analizzare un altro elemento di ottimismo possibile che ha a che fare con l’impostazione interessante data da Draghi alla macchina del governo e anche a quella dello stato. Un’impostazione che prevede la presenza di una guida chiara (c’è Draghi e c’è, come ha notato ieri anche il Financial Times, il suo rapporto speciale con Emmanuel Macron che potrebbe permettere all’Italia di pesare molto in Europa), la presenza di una direzione lineare (stato dove si deve, mercato dove si può), di una responsabilizzazione nella compagine dell’esecutivo (comanda Draghi, certo, ma la delega ai ministri è piena e i partiti dovranno impegnarsi a spiegare le scelte di Draghi, non a contraddirle) e di un’intenzione da non sottovalutare che si ritrova in alcune scelte fatte finora dal presidente del Consiglio (trasformare i burocrati dello stato non nei difensori dello status quo ma nei protagonisti della trasformazione della macchina dello stato).

 

Essere ottimisti è dura, lo sappiamo, ma le stelle sono allineate e per la prima volta da molto tempo il nostro paese può offrire tanto ai cittadini, agli investitori e ai partner europei qualche garanzia per poter affermare una verità mica male: Italy is back. Ottimismo e dita incrociate. 

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