Il caso

Rousseau, cosa succede se vince il No a Draghi?

Luca Roberto

Se gli iscritti alla piattaforma bocciano il quesito, la palla passa a Grillo. Il rischio di scissione dell'ala dimaiana

Volevano liberarsene per sempre, di Rousseau (almeno, la gran parte dei parlamentari del M5s). Ma non ci sono riusciti. E da qui a stasera l'unica cosa che possono fare è sperare nell'esito desiderato. Che poi sarebbe il sì al quesito proposto dal capo politico Vito Crimi ("Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?"). Scritto appositamente, come d'abitudine, per non farsi dire di no e poter così partecipare all'esecutivo guidato dall'ex presidente della Banca centrale europea. 

 

Nelle precedenti consultazioni sulla piattaforma il sì ha prevalso in tutte le occasioni meno una: nel novembre 2019 i vertici del Movimento, allora ancora guidato da Luigi Di Maio, si espressero per una pausa elettorale. Non volevano cioè presentare proprie liste alle imminenti elezioni regionali in Calabria ed Emilia-Romagna. Ma gli iscritti si opposero, bocciando il quesito che anche all'epoca era stato costruito con l'obiettivo di ratificare il risultato voluto. 

 

Cosa succede in caso di no? 

Nel caso del novembre 2019, quindi, il Movimento cinque stelle, dopo il verdetto di Rousseau, presentò liste di propri candidati alle elezioni amministrative. Ma cosa potrebbe succedere se anche nel voto odierno fossero i dinieghi a prevalere? Crimi ci ha tenuto a specificare che quello di oggi è il voto decisivo, e che senza un responso favorevole il M5s non darà la fiducia al governo Draghi. In realtà, come avevamo raccontato sul Foglio, nel caso in cui il quesito fosse bocciato la palla ritornerebbe nelle mani del capo politico (in questo caso il reggente Crimi) e del garante. E cioè Beppe Grillo. Quindi del principale sponsor alla nascita del nuovo governo. Che potrebbe, in teoria, secondo statuto chiedere una seconda consultazione, che nel caso in cui non raggiungesse il quorum prevederebbe la decadenza del quesito (non a caso lo stesso Grillo ha postato sui social un fotomontaggio con Draghi e Mattarella nei panni dei protagonisti del film "40 carati": con il presidente della Repubblica che cerca di distogliere il premier incaricato da un salto nel vuoto). Un modo molto indiretto per aggirare il voto.  

 

 

Gli effetti politici 

Al di là degli effetti contingenti (il via libera o meno alla nascita di un nuovo governo), un eventuale voto contrario degli iscritti alla piattaforma produrrebbe uno smottamento politico all'interno del Movimento. Non è un caso se negli ultimi giorni, il più governista di tutti, Luigi Di Maio, si sia speso a ricordare come questa è la fase in cui "il Movimento deve dimostrare la propria maturità". E che l'ottenimento del famoso super-ministero per la Transizione ecologica altro non sarebbe che un modo per incidere davvero sul futuro del paese. Ragion per cui, dopo aver ventilato per settimane l'ipotesi che ad andarsene fosse Alessandro Di Battista e la sua corte di sciamannati (Barbara Lezzi & Co.), sarebbe l'ala dimaiana la più intransigente verso il nuovo corso del partito. E in quel caso il rischio scissione si rifletterebbe sul versante opposto. 

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