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In riva d'Arno. Renzi visto da chi un tempo lo sosteneva

David Allegranti

Intellettuali, economisti, scrittori, compagni di partito. Un tempo erano vicini al leader di Italia Viva. “Ora sbaglia anche quando ha ragione”, ci dicono 

Un tempo erano vicini a Matteo Renzi. Intellettuali, economisti, scrittori, compagni di partito. Piano piano, hanno preso strade diverse e oggi riescono a guardare alle mosse dell’ex rottamatore con distacco. Dice Mario Curia, editore, fondatore di Mandragora: “Renzi ha ragione sui contenuti, ma la sua responsabilità sta nell’aver fatto nascere questo governo. Certe cose poteva dirle subito e comunque continuare a combattere all’interno dell’esecutivo. Invece le sue critiche al governo sono state un fattore di logoramento anziché di stimolo. Si è bruciato la sua credibilità. Per questo qualsiasi cosa fa sbaglia anche quando ha ragione, perché ha il marchio di inaffidabile. Ciò non toglie che il comportamento del Pd sia peggiore del suo. Lo hanno usato per attaccare Conte, ora non dicono niente e non si capisce qual è la loro proposte. Sono afoni”.

   

 

Cosimo Pacciani, amico di vecchia data di Renzi, ha un giudizio meno duro. Dice di capire il senso d’urgenza del cambio di marcia. Gli ricorda un po’ il momento in cui nacque il senso dell’avventura renziana, “anche all’epoca si rese necessario un cambiamento. La situazione era simile quindi a quella di oggi. Il debito alle stelle, lo spread alle stelle. Cadde Berlusconi, arrivò Monti e tutta una generazione si sentì pronta non a prendere il potere ma a dare una mano per il progetto renziano. Dopo, purtroppo, è tutto tornato nell’alveo classico della politica italiana e molte persone hanno perso interesse. Ognuno di noi ha trovato il modo per dare un contributo a quel cambiamento di cui parlavo poc’anzi”. Il problema, oggi, dice Pacciani, è che “i partiti si occupano molto di politics e poco di policy making. Il che ci rende confusi. Renzi dice cose molto giuste sulle policies e ha capito che in Italia c’è un problema nell’execution delle decisioni. Questo fa perdere tempo e arrabbiare le persone. Il 98 per cento degli italiani non ha il problema di sapere quale sarà la nuova maggioranza politica ma chi darà loro una mano nel momento del bisogno, in un momento nel quale, a mio avviso, l’Europa non è mai stata più solidale”.

 

Lo scrittore Edoardo Nesi non ha dubbi: “Può darsi che lui l’abbia raccontata male, ma nei fatti questo è un governo disastroso e l’idea che nei momenti di emergenza un governo non si cambi, in un paese che ne ha avuti così tanti e in cui non è mai successo nulla, è sorprendente. Non c’è un problema di governabilità. Anzi, la crisi va fatta veloce. Ora, io non dico di andare a elezioni, perché non si vota durante una pandemia. Spero però che arrivi un governo tecnico pieno di personalità di valore. In questo modo si potrebbe recuperare anche Renzi, che in effetti è vittima di un linciaggio mediatico. Ma ripeto, il problema non è Renzi bensì il governo. Davvero Conte può essere considerato insostituibile?”.

 

Dario Nardella, sindaco di Firenze, sembra sperare in un ritorno alla collaborazione fra forze politiche che ormai hanno poco da dirsi: “A questo punto è difficile pensare che prima del voto di fiducia alle Camere si possa ricostruire la maggioranza Pd, M5S e IV. Tuttavia, se Conte non avesse la maggioranza necessaria e stabile, sarà necessaria la disponibilità di tutte le forze europeiste e democratiche, da Iv a Pd a M5s a Fi per sostenere un nuovo governo con il compito di arrivare a fine legislatura e con un patto chiaro. Se anche ciò non avvenisse le elezioni anticipate non sarebbero più una remota ipotesi. Io spero che la classe politica nazionale parta da ciò che serve all’Italia e non da ciò che conviene a ciascuno di loro. Il Paese vuole stabilità e concretezza, non crisi al buio e scontri personali”.

 

Un altro sindaco, un tempo vicino a Renzi, come Giorgio Gori, dice all’edizione torinese del Corriere di non aver condiviso la “scelta di aprire la crisi senza avere in tasca una soluzione. L’Italia si trova davanti a sfide gigantesche, e con il recovery plan ha a disposizione gli strumenti per affrontarle… Renzi con il suo strappo ha vanificato la faticosa mediazione che si era tentata. Ma è pur vero che è stato decisivo per migliorare il recovery plan e correggere l’idea di Conte sulle modalità di governo. E’ cioè un alleato molto faticoso, ma resta a mio avviso preferibile rispetto ad un gruppo raccogliticcio di pseudo-responsabili”.

 

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.