Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Riformare l'Italia con l'agenda Europa

Redazione

Conte apre alle opposizioni sul piano Colao. Ragioni per un asse necessario

Giuseppe Conte, nel giustificato “entusiasmo”, così lo ha definito, per la fine del lockdown, ha parlato soprattutto di economia. Un argomento dove non c’è ancora nulla da festeggiare, anzi, ma al quale il capo del governo ha fatto bene a dedicare la conferenza stampa di mercoledì. Conte ha citato innanzi tutto i 750 miliardi del Recovery fund europeo, 172 dei quali destinabili all’Italia; ma correttamente ha chiarito che non si tratta di “un tesoretto a disposizione dei governi in carica”. E questo non solo per il lungo arco temporale nel quale arriveranno i soldi europei, a fondo perduto a prestito che siano, quanto perché al Recovery fund dovrà corrispondere un “recovery plan” pluriennale che dovrà impegnare maggioranza e opposizione, esecutivo attuale e chi verrà in futuro, categorie produttive, sindacati e “talenti di eccellenza” che il premier intende invitare a palazzo Chigi nei prossimi giorni, al fine di produrre qualcosa di inedito per il nostro paese: la continuità statuale, e il suo immediato presupposto di attuale concordia nazionale, per non sprecare un’occasione irripetibile. Irripetibile non solo per la mole di denari in (possibile) arrivo, ma perché questi soldi non vanno sprecati ma impegnati per, citiamo, “rinnovare l’Italia dalle fondamenta”.

  

 

 

Il concetto espresso sul Foglio di mercoledì – radunare intorno alle riforme chieste dall’Europa e presenti nel dossier (citato da Conte) della task force di Vittorio Colao, i partiti al governo e quelli attualmente in minoranza, le parti sociali, manager e talenti per produrre le idee perché l’Italia esca dalla pandemia non più come vice-cenerentola d’Europa – potrebbe presto avvicinarsi alla realtà (anche se tentare un dialogo non significa naturalmente riuscire a portare a termine un progetto condiviso). Con una differenza rispetto ad altri libri dei sogni: se non si riforma, e non lo si fa con queste modalità, i soldi non arrivano, la fiducia dei mercati crolla, l’Italia avrà perso l’ultimo treno. E a proposito di fiducia: lo strabiliante successo dell’asta di Btp decennali, con il record di 108 miliardi di euro di domande a fronte di 14 in offerta, e calo del rendimento all’1,7 per cento, è un’altra dimostrazione che il momento è ora. Ci si aspetta moltissimo, e il premier è sembrato esserne consapevole. La terapia-base della l’avete, anche quella, appena letta su queste colonne: digitalizzazione, pagamenti elettronici anche contro l’evasione fiscale, innovazione tecnologica, investimenti in infrastrutture, e soprattutto taglio della burocrazia e degli attuali vincoli alle autorizzazioni alle opere grandi e piccole. Quasi alla fine il premier è entrato, su questo punto, nel dettaglio citando il ridimensionamento della responsabilità erariale degli organi amministrativi rispetto alla Corte dei conti. Non è una mera tecnicalità: si tratta della maggior causa dei ritardi “perché nell’incertezza gli amministratori preferiscono non decidere”. E’ un esempio, ma vuol dire che il capo del governo ha quanto meno studiato la materia. Non l’unico.

 

 

Tra le infrastrutture annunciate c’è il prolungamento al sud dell’Alta velocità, il che era atteso, ma anche la promessa di non avere pregiudizi sulla proposta avanzata da Dario Franceschini, del Pd, di ponte sullo stretto di Messina. La vecchia idea di Silvio Berlusconi per anni osteggiata dalla sinistra e dai movimenti di allora quando ancora il movimento 5 Stelle non era nato. Se si pensa che appena un anno fa i dirigenti del Movimento 5 stelle facevano una questione centrale del no alla Tav Torino-Lione, si può capire quanto la pandemia stia cambiando i connotati della politica. Non tutti, certo. La promessa di riduzione del peso fiscale, pur se dovuta e benvenuta, fa parte delle questioni interne con il centrodestra all’attacco. Così come la vaghezza che persiste sull’utilizzo del Mes (“deciderò dopo aver letto attentamente le clausole”), o sulla proroga della concessione ad Aspi, in verità apparsa più una richiesta ai Benetton di abbassare ulteriormente le pretese che un rifiuto netto. Ma in sintesi, Conte ha deciso di adottare l’agenda europea e l’agenda Colao. Evviva.