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Per una vera fase 2 è tempo di vigilare, ci dice Guido Melis

Carmelo Caruso

I contagiati sono in calo, ma ora stanno risalendo la curva delle leggi e l’indice di riproduzione di carte e scartoffie 

Per farla corta (aiuti subito alle imprese!) la facciamo lunghissima (776 sono le pagine del decreto rilancio). E siamo ancora “congiunti”, “autocertificati”, ma sottomessi al dpcm che però viene sorpassato dall’ordinanza regionale che, a sua volta, non si applica in tutti i comuni perché al sindaco spetta l’ultima parola… Attenzione, è vero che i contagi sono in calo, ma sta risalendo pericolosamente la curva delle leggi, aumenta l’indice di riproduzione di carte e scartoffie che ha consegnato alla letteratura capolavori di sdoppiamento e dunque di smarrimento. “E infatti riemerge la lunghezza, la cavillosità degli atti, che sono l’antico vizio di stato, ma anche un rifugio, il migliore dei nostri alibi. “Colpa della burocrazia” è la frase liberatoria e anche, riconosciamolo, un po’ qualunquista”. Lo dice lo storico delle istituzioni politiche, Guido Melis, che è ”il Melis” (è l’articolo che consacra) per i suoi testi e i suoi saggi sull’amministrazione italiana, che è il nostro vero grande romanzo noir e non solo perché racconto di nero inchiostro. Dall’Unità in avanti cerchiamo senza sosta il colpevole (il funzionario), abbiamo istruito processi (di riforma) e a essere assassinata è sempre la nostra pazienza per di più con la più sottile delle armi: il lessico. Insieme a Melis ci sediamo e proviamo a verbalizzare il caso. “Innanzitutto dobbiamo ricordare che questo è il paese dei morti vivi. Mi riferisco a quelle norme superate dal tempo che si sedimentano. Per prima cosa bisognerebbe fare come con il guardaroba tanto più in giorni di quarantena. Con la pausa abbiamo fatto pulizia e ci siamo liberati dei vestiti che non indossiamo. E se iniziassimo a fare pulizia di leggi? E’ quanto ha provato a fare Sabino Cassese quando è stato ministro della Funzione Pubblica”.

 

Di certo è a Cassese, una specie di commissario Ingravallo, che si deve il primo tentativo di sbrogliare lo gnommero. “E poi Franco Bassanini con la sua riforma”. Caso chiuso? “Magari. Tullio De Mauro aveva compilato un manuale rivolto alle amministrazioni, ma non mi sembra, e le ultime circostanze lo dimostrano, che sia molto in uso…”.

 

Si chiama “Codice di Stile delle comunicazioni scritte a uso delle amministrazioni pubbliche” ed è oggetto da antiquari. E’ probabile che ne siano rimasti pochissimi volumi a dispetto delle norme antiquate che nessuno riuscirebbe più a contare. Melis che ha un confidente (“Una fonte buona. Un funzionario della Camera”) rivela che la più curiosa è quella sul ciarlatano (“Esiste ancora”) e che le norme vive, in pratica quelle pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, sono al momento 168 mila: “Respirano sepolte”. Ma insomma, professore, almeno lei ha capito un po’ cosa si può e non si deve fare, in punta di diritto? Anche Melis ci ha rinunciato. “Ho una casa al mare e per spostarmi ho chiesto a carabinieri, polizia, guardia di finanza e, poiché abito in Sardegna, anche ai Barracelli”. E chi sarebbero? “È un antico corpo che in Sardegna aveva il compito di scongiurare i furti di bestiame. Non solo è sopravvissuto, ma il corpo è pure notevole. Questo per dire che il vero problema rimane la sovrapposizione di istituti, centri decisionali, come stiamo del resto assistendo nel conflitto fra Stato e Regioni”. Per non sbagliare malediciamo la burocrazia che, spiega Melis, alla fine non è neppure una. Andrebbero infatti distinte. C’è quella del ministero degli Interni che ha una forte tradizione di corpo e che è composta da prefetti: “Uomini che hanno un atteggiamento intelligente di fronte alle norme e che non cadono nella trappola dell’inconcludenza”. E c’è quella della Difesa e degli Esteri (“Anche queste abituate a tempi rapidi”). Ma poi c’è quella della pubblica istruzione (“E ne so qualcosa”). E infine quella sterminata dell’amministrazione pubblica dove domina la parola graduatoria che per il professore è l’esempio di tutti i sottosopra: “Uno spazio, un elenco dove una sconfitta diventa un diritto. Si perde un concorso pubblico ma si rimane in graduatoria per anni e poi si sa che la graduatoria scorre”.

 

E con il virus ci siamo imbrogliati in decreti, richieste, avvisi, tutti scritti nel linguaggio spagnolesco. È ancora la “carta” a prevalere e a incartarsi. La verità è che ci eravamo dimenticati di tutto questo, illusi di fare in fretta con la tecnologia (si sa come è finita con le richieste Inps) salvo accorgerci improvvisamente che siamo sempre uomini in rivolta contro “lo sportello”. Come è stato possibile? Per Melis “l’emergenza ha messo nudo il vero guasto che è sempre la contrattazione. Sono tornati i veti, i veti hanno generano tavoli, cabine, ordinanza dell’ordinanza. Alla fine di tutto, il vero decisore, l’arbitro, risulta essere l’agente, in molti casi il vigile. Oggi è il vigile la figura più importante d’Italia”. A Rimini due di loro si sono precipitati con i droni sul fuggiasco innocente, a Milano sono stati rimproverati perché non hanno vigilato abbastanza. Meglio l’interpretazione o la legge? “Interpretare a volte può favorire la discrezione, ma parlare solo con la legge rischia di farci finire come Gino Bianchi”. Chi era? “Il funzionario di un racconto di Piero Jahier. Aveva introiettato i codici al punto che riusciva a esprimersi, ma solo parlando in codice…”.

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