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Finisce lo show di Putin

Daniele Raineri

I militari russi scoprono che Verona è più vicina di Roma alla Lombardia. Ci abbiamo rimesso?

Roma. Sono cominciate ieri le operazioni di rimpatrio dei militari russi arrivati in Italia il 22 marzo per l’operazione “Dalla Russia con amore”. Dalla base logistica dentro all’aeroporto di Orio al Serio in Lombardia questa volta si sono diretti verso l’aeroporto di Verona-Villafranca, dove un primo gruppo si è già imbarcato su due grandi aerei da trasporto Ilyushin-76, e non più verso l’aeroporto di Pratica di Mare, nel Lazio, dove erano atterrati quarantasette giorni fa. Orio al Serio dista centodieci chilometri dall’aeroporto di Verona e seicentoquaranta chilometri da Pratica di Mare, e questo suggerisce che ci sia stata la volontà di spettacolarizzare il loro arrivo. L’atterraggio dei primi Ilyushin-76 avvenne alla presenza del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, con una diretta cominciata prima a “Domenica In” in collegamento con Mara Venier e poi proseguita su Facebook. Pratica di Mare è una base militare simbolica, è il luogo dove nel maggio 2002 l’allora premier Silvio Berlusconi ricevette il presidente americano George W. Bush e il presidente russo Vladimir Putin per la firma di un trattato di collaborazione tra Nato e Russia che allora fece parlare di “fine della Guerra fredda”. Inoltre da Roma è senz’altro più comoda da raggiungere di Verona o di qualsiasi altro aeroporto del nord, per chi ha partecipato alla coreografia dell’arrivo.

  

La parte più pesante del carico arrivato a marzo su quindici aerei cargo è rappresentata dai mezzi militari dei russi e il costo dello spostamento tra la Russia e l’Italia, andata e ritorno, sarebbe tra il mezzo milione e i due milioni di euro secondo le stime di esperti sentiti dal Foglio. Questo costo sarebbe stato sostenuto dall’Italia e c’è da usare il condizionale perché il governo non ha mai chiarito la questione. I mezzi fatti arrivare dai russi sugli aerei cargo non erano speciali e sono in dotazione anche all’esercito italiano, che infatti nello stesso periodo si è occupato di sanificazione un po’ in tutto il paese, da Verona al Piemonte e da Bergamo alla Sicilia. La Difesa russa ha dichiarato due giorni fa di avere sanificato 114 edifici per un totale di un milione e centomila metri quadri. Un’operazione meritoria ma anche a scadenza molto breve, perché la sanificazione per essere efficace dev’essere ripetuta nel tempo soprattutto in una regione come la Lombardia che ancora produce centinaia di nuovi contagiati al giorno e quindi non si capisce molto il senso strategico di tutta la manovra militare. Inoltre se si vanno a vedere i prezzi fatti dalle imprese private di sanificazione in questo periodo si realizza che è possibile sanificare quello stesso numero di metri quadri per circa trecentomila euro – e volendo anche a prezzi inferiori. E quindi – a meno che non siano chiariti alcuni punti della vicenda – l’impressione che si sia trattato di una costosa (per noi) operazione di propaganda da parte della Russia per sfruttare un periodo di crisi del paese è forte. La televisione russa ha trasmesso con gusto le immagini di chi in Italia toglieva la bandiera dell’Unione europea (dalla quale in questi giorni attendiamo miliardi di prestiti a condizioni incredibilmente favorevoli) per sostituirla con quella russa. I partiti di opposizione spesso chiedono chiarimenti al governo per molto meno, ma in questo caso non lo faranno perché sono ancora più filorussi.

   

Se Mosca ha lanciato un’iniziativa metà di soccorso e metà di propaganda politica sul nostro territorio è perché in politica estera siamo un paese con idee molto confuse. Questo filo diretto del governo italiano con Putin non si sa chi dovesse impressionare alla fine, ma di sicuro non i paesi con cui vorremmo un rapporto più funzionale in Europa e di sicuro non gli Stati Uniti. Nel frattempo i Cinque stelle, partito di maggioranza dentro al governo, un giorno si vantano di avere una relazione speciale con la Cina “da giocare contro l’Unione europea” e un giorno assicurano di essere fedeli all’atlantismo.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)