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Quali effetti produrrà l'epidemia? La risposta possibile

Guido Tabellini

Le crisi cambiano la natura di una comunità in modo radicale. Idee per togliere un po’ di armi ai nazionalisti

La discussione su quale debba essere il ruolo dell’Europa nell’affrontare le sfide poste dalla pandemia si è concentrata soprattutto sugli aspetti economici. Il Covid-19 tuttavia avrà anche importanti effetti psicologici, sull’identità dei cittadini europei. Quali effetti, dipenderà dall’esito del negoziato in corso tra i paesi membri dell’Unione europea, e da come verrà affrontato e presentato all’opinione pubblica. Per evitare errori che potrebbero avere portata storica, è importante essere consapevoli anche di questi aspetti psicologici.

 

Le circostanze che stiamo attraversando sono senza precedenti nel Dopoguerra. Esse sono paragonabili a quelle di una guerra o di importanti epidemie e disastri naturali. Eventi così drammatici lasciano un’impronta duratura negli atteggiamenti individuali. Numerosi studi di psicologia hanno mostrato che chi è stato esposto a guerre e disastri naturali diventa più attaccato al suo gruppo, e più solidale con chi ha condiviso le stesse drammatiche esperienze. Questi effetti si riflettono anche nei comportamenti politici e sociali: le persone coinvolte in guerre o altri disastri votano di più, aderiscono di più ad associazioni politiche e sociali, svolgono più attività a favore della loro comunità e diventano più religiose. Questi effetti non sono sorprendenti. In circostanze così avverse, abbiamo bisogno dell’aiuto reciproco. Ciò rinforza il nostro senso di appartenenza al gruppo e la nostra identità sociale, cioè la percezione di chi siamo nel contesto sociale.

 

Quale è l’identità di gruppo che viene rinforzata, tuttavia, dipende dalle circostanze in cui ci troviamo. In una guerra civile, il nostro gruppo di riferimento è la nostra fazione (etnica, religiosa, o politica). 

 

In una guerra tra nazioni o in un disastro naturale, il nostro gruppo è la nazione, e diventiamo più nazionalisti. La storia dell’Europa ne è un esempio quasi perfetto. La nostra identità nazionale, di cittadini italiani, francesi o tedeschi, è in gran parte il risultato delle guerre secolari tra i paesi europei. Se oggi un tedesco fatica a essere solidale con un italiano, e viceversa, è perché percepiamo di appartenere a comunità diverse. Queste percezioni sono anche il frutto delle esperienze traumatiche delle generazioni precedenti.

 

Quali saranno gli effetti psicologici di questa epidemia? Diventeremo più nazionalisti o più europei? La risposta dipende da due variabili oggi ancora ignote: da quale sarà l’esito del negoziato ancora in corso sul sostegno finanziario dell’Europa ai singoli stati; e da come questo esito sarà presentato alle opinioni pubbliche nazionali. Se l’Europa avrà un ruolo molto secondario nell’uscire dalla crisi, o se il suo ruolo verrà sminuito e presentato come irrilevante, la crisi rinforzerà ulteriormente le identità nazionali; nel caso opposto, sentiremo di appartenere a una comunità più ampia di quella nazionale, e diventeremo più europei. Tutto ciò avrà implicazioni importantissime per la realizzabilità di una maggiore integrazione politica in Europa.

 

Il governo è impegnato in un difficile negoziato. Deve insistere per convincere i paesi più forti che questo è il momento di essere solidali. Ma non deve perdere di vista gli effetti dei suoi atteggiamenti negoziali sull’opinione pubblica italiana. Come in qualunque negoziato, nessuna delle due parti uscirà vincitrice, il compromesso sarà trovato in mezzo. Una posizione negoziale troppo intransigente non porterebbe a casa un risultato migliore, ma potrebbe aumentare la delusione di chi si sente abbandonato dall’Europa. I politici opportunisti oggi all’opposizione non attendono altro.

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