Il porto di Messina (foto via Wikipedia)

In Sicilia ogni comune fa a modo suo sull'emergenza sanitaria

Riccardo Lo Verso

Bloccato il "fermi tutti" nel porto di Messina. Ma ogni sindaco fa di testa propria per paura ma anche per cercare visibilità. A Ribera spesa in base al cognome, ad Agira solo a domicilio, a Noto obbligo di guanti e mascherina

Il Coronavirus è una cosa seria. La paura, di più. Quando serve si può e si deve alzare la voce, ma il populismo degli urlatori serve solo a creare confusione. In compenso si guadagna la ribalta dei media nazionale, si accumulano i like. È la politica dell'apparire social che fa proseliti da nord a sud.

 
Cateno De Luca, sindaco di Messina, è un campione della diretta Facebook. Nella piazza virtuale ha brillato più di altri il suo esempio del “fai da te” nei maledetti giorni di pandemia. L'ultima trovata – pardon, puntata – dell'istrionico sindaco (lo stesso che nel 2017 da deputato regionale si presentò in parlamento coperto con la bandiera della Trinacria solo dalla pancia in giù, impugnando un pinocchio di legno e una bibbia) è l'ordinanza con cui impedisce l'accesso in terra siciliana a chi non si registra su un sito del comune 48 ore prima del suo arrivo. Il Consiglio di stato, attivato con urgenza dal governo, con una procedura straordinaria nei tempi, lo ha bacchettato, bocciando la sua ordinanza.

  
Non si può impedire la circolazione in territorio italiano a chi ne ha diritto. Non spetta al Comune occuparsi di ordine e sicurezza pubblici. È il governo che deve assicurare il mantenimento dell'unità di indirizzo politico ed amministrativo, nel quadro di unità e di indivisibilità della Repubblica. Insomma, basta con il fai da te.

  
De Luca mica si è scomposto. Nuova diretta Facebook per annunciare che non ha alcuna intenzione di revocare l'ordinanza anche di fronte a “questa ulteriore intimidazione”. Applausi virtuali scroscianti. Ce l'ha soprattutto con il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, che nei giorni scorsi l'ha denunciato per il suo turpiloquio contro il Viminale.

  
Di sicuro De Luca, e questo gli va riconosciuto, non difetta di coraggio, passione e impegno. Da giorni staziona agli imbarcaderi di Messina per vigilare sulla gente che arriva con una delle poche corse garantite. Denuncia l'invasione dei possibili untori, ma il Viminale risponde che si tratta di pendolari, e pochi per giunta. Di sicuro il governo ci ha messo del suo quando annunciò la chiusura del Paese in Tv, scatenando la corsa al rientro a casa dei siciliani emigrati al nord. 

  
Quando sarà costretto a fermarsi Cateno De Luca se ne inventerà un'altra in una terra, la Sicilia, dove i sindaci si muovono in ordine sparso.

 

A Ribera, nell'Agrigentino, si fa la spesa in giorni diversificati e in rigoroso ordine alfabetico in base alla prima lettera del cognome. A Campobello di Mazara, nel Trapanese, il sindaco ha aggiunto una postilla: conta la lettera del cognome della prima persona indicata sullo stato di famiglia. Ad Agira, 'zona rossa' dell'Ennese, hanno risolto il problema: la spesa si consegna solo a domicilio. A Noto, nel Siracusano, si esce di casa solo se si indossano guanti e mascherina.

 

Ecco, è in questi casi che si sente la mancanza dell'indirizzo nazionale. Perché non c'è solo la voglia di conquistarsi una vetrina mediatica. C'è di mezzo anche la paura della gente.

Di più su questi argomenti: